Archive for ‘Psicologia’

29 Maggio, 2012

Alva Noë, Perché non siamo il nostro cervello

by gabriella

In questo libro genialmente semplice e illuminante, nella migliore tradizione scientifica americana, il filosofo e neuroscienziato Alva Noë mostra l’irriducibilità della coscienza a mero epifenomeno del cervello. Dall’Introduzione:

Il nostro problema consiste nel fatto che abbiamo cercato la coscienza dove non c’è. Dovremmo invece cercarla là dove essa si trova. La coscienza non è qualcosa che accade dentro di noi. Piuttosto, è qualcosa che facciamo o creiamo. Meglio: è qualcosa che realizziamo. La coscienza assomiglia più alla danza che alla digestione.

Lo scopo di questo volume è convincervi di ciò. Voglio anche mostrarvi che quanto sostengo è quello che ci insegna un genuino approccio biologico allo studio della mente e della natura umana. L’idea che l’unica indagine propriamente scientifica della coscienza sarebbe quella che la identifica con eventi nel sistema nervoso è frutto di un riduzionismo ormai datato. Tale idea è analoga a quella che considera la depressione solo un male cerebrale. In un certo senso, questo è ovviamente vero. Esistono “firme” neurali della depressione. L’azione diretta sul cervello, nella forma di una terapia farmacologica, può avere effetti sulla depressione. Ma in un altro senso, questo è ovviamente non vero. È semplicemente impossibile comprendere in termini unicamente neurali perché una persona cada in depressione, ovvero perché proprio questo individuo qui e ora sia depresso. La depressione colpisce persone in carne e ossa, che affrontano, sulla scorta delle loro storie di vita vissuta, i problemi concreti della loro esistenza; e lo fa sullo sfondo non solo di queste storie individuali, ma anche della storia filogenetica della specie. Il dogma che la depressione sia un male cerebrale serve agli interessi delle compagnie farmaceutiche, non c’è alcun dubbio. Serve anche a destigmatizzare la lotta contro la depressione, i che è una buona cosa. Ma esso è falso.

Per progredire nella comprensione della coscienza occorre rinunciare alla microanalisi neurale interna (per dirla nei termini usati da Susan Hurley e da me tempo fa). Il luogo della coscienza è la vita dinamica dell’intera persona o dell’intero animale immersi nel loro ambiente. È solo assumendo una prospettiva olistica sulla vita attiva della persona e dell’animale che possiamo cominciare a rendere intelligibile il contributo che il cervello dà all’esperienza cosciente.

Questo libro contiene delle proposte. L’esperienza umana è una danza che si svolge nel mondo in compagnia di altri individui. Noi non siamo il nostro cervello. Non siamo rinchiusi nella prigione delle nostre proprie idee e sensazioni. Il fenomeno della coscienza, così come quello della vita, è un processo dinamico che coinvolge il mondo. Siamo di casa in ciò che ci circonda. Siamo fuori dalle nostre teste.[…]

Una presentazione in inglese di Noë della tematica sviluppata nel saggio.

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31 Marzo, 2012

Out There. Il nichilismo disperato dei nuovi adolescenti

by gabriella

Chad, Jay e Chris sono i tre adolescenti protagonisti di Out There (Là fuori), l’animazione realizzata da Ryan Quincy, regista e animatore di South Park. Giovani “marziani”, distruttivi e autodistruttivi, sono espressione del disagio profondo della provincia, non solo americana, e della condizione giovanile contemporanea.

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18 Marzo, 2012

Leonardo Caffo, I-ACTION ed E-ACTION. Libero arbitrio e neuroscienze

by gabriella

In questo articolo del 2012 uscito su filosofia.it, Caffo discute i risultati di alcune ricerche in neuroscienze, in base alle quali l’azione umana sarebbe interamente prevedibile. Il filosofo sottolinea l’analogia tra linguaggio e azione, richiamando la distinzione chomskyana tra linguaggio interno ed esterno (I-language ed E-language), cioè tra la componente innata, individuale e quella esterna, relazionale, del linguaggio per mostrare che l’azione, come il linguaggio non è predicibile a partire dalla sua base neuronale.

1. Da tempo alcune questioni filosofiche riguardo la libertà sembrano essere inficiate dai progressi della ricerca scientifica in ambito neurologico. Recentemente, il neuroscienziato Eddy Nahmias, intervenendo sulle pagine del The New York Times, ha sollevato la classica domanda riguardo la fine delle questioni filosofiche sul libero arbitrio a causa delle neuroscienze. Già Wittgenstein  difese la tesi dei “linguaggi di vocabolari diversi” per scindere questioni filosofiche da questioni scientifiche in ambiti di discussione complessi come quelli inerenti le libertà individuali. Tuttavia oggi non sembra più sufficiente fare una distinzione ontologica dei linguaggi utilizzati in ambiti diversi; si rende invece indispensabile un’argomentazione che sia in grado di chiarire, una volta per tutte, le differenze tra questioni scientifiche e filosofiche per un argomento come quello della libertà.

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18 Febbraio, 2012

Flavio Caroli, Storia della fisiognomica. Arte e psicologia da Leonardo a Freud. Cesare Lombroso. L’uomo delinquente

by gabriella

Difficile stabilire se la fisiognomica sia una scienza. Di sicuro, però, lo studio dei volti ha influenzato molti campi del sapere, intrecciandosi non solo alla dimensione estetica ma anche a quella etica. Da molti anni il lavoro di Flavio Caroli, storico dell’arte moderna, saggista e perfino narratore, si muove lungo la linea introspettiva dell’arte occidentale, concentrandosi in particolare sulla rappresentazione dei volti: dell’umano ma anche del trascendente (Il volto di Gesù, Mondadori 2009)o del mondo naturale (Il volto e l’anima della natura, Mondadori 2010). Inoltre è appena tornata in libreria la sua Storia della fisiognomica, documentatissimo viaggio della relazione tra la raffigurazione artistica dell’uomo e l’evoluzione del pensiero scientifico moderno (compresa la dottrina psicoanalitica). Lo studio di Flavio Caroli, unico nel suo genere, percorre insomma un fondamentale cammino di idee che accompagna da un lato lo sviluppo della scienza psicologica e dall’altro il lavoro dei pittori lungo il corso dei secoli.

Venerdi 17 febbraio Fahrenheit ha ospitato l’autore che ha rilasciato a Loredana Lipperini questa bellissima (e fluviale) intervista (se il popup dell’MP3 non si avvia, cliccare su “ricarica la pagina”).

 

Cesare Lombroso, L’antropologia criminale

Archivio digitale “Cesare Lombroso”.

La Biblioteca “L. Bergamini” ha digitalizzato e reso disponibili i testi di Lombroso risalenti al periodo in cui era Direttore della “Clinica Psichiatrica della Regia Università di Torino”. Si tratta sia di scritti di Lombroso sia di libri, opuscoli ed estratti da lui utilizzati nel proprio lavoro scientifico e clinico.

In questa pagina proponiamo alcuni rari testi di Cesare Lombroso e della sua scuola, digitalizzati in formato PDF (è necessario Acrobat Reader).

Cesare Lombroso, Sulla medicina legale del cadavere secondo gli ultimi studi di Germania ed Italia : tecnica, identit?, fisiologia, veleni del cadavere. 2. ed. Pinerolo : Tip. Chiantore-Mascarelli, 1890.

A. Grimaldi e R. Fronda, Trasmissione del pensiero e suggestione mentale : studio sperimentale e critico di seguito da alcune indagini fatte sullo stesso soggetto a richiesta del prof. Cesare Lombroso. Napoli : Luigi Pierro, 1891.

Cesare Lombroso, Les applications de l’anthropologie criminelle. Paris : F. Alcan, 1892.

Cesare Lombroso, Trattato profilattico e clinico della pellagra. Torino [etc.] : Fratelli Bocca, 1892.

Cesare Lombroso, Handbuch der Graphologie. Leipzig : Reclam, 1893.

D. Giurati, C. Lombroso, Il caso Amerling. Milano : Fratelli Treves, 1896.

Luigi Roncoroni, Genio e pazzia in Torquato Tasso. Torino : F.lli Bocca, 1896.

Cesare Lombroso, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alle discipline carcerarie : Atlante. 5. ed. Torino : Bocca, 1897.

Cesare Lombroso, Lezioni di medicina legale. 2. ed. interamente rifatta. Torino : F.lli Bocca, 1900. (Parte 1 e 2).

Cesare Lombroso, Lezioni di medicina legale. 2. ed. interamente rifatta. Torino : F.lli Bocca, 1900. (Parte 3).

Cesare Lombroso, Nuovi studii sul genio, vol. 1 : Da Colombo a Manzoni. Milano ; Napoli ; Palermo : Sandron, 1902.

James Braid, Neurypnologie : traité du sommeil nerveux ou hypnotisme.Paris : Delahaye et Lecrosnier, 1883. (Parte 1)

James Braid,Neurypnologie : traité du sommeil nerveux ou hypnotisme.Paris : Delahaye et Lecrosnier, 1883. (Parte 2)

Ringraziamo Umberto Manera e Francesco Gasparotto per le scansioni.
http://filosofiastoria.wordpress.com/2012/09/25/archivio-digitale-cesare-lombroso/

16 Gennaio, 2012

Daniele Giglioli, Narrazioni e psicoanalisi. Sui Racconti analitici di Freud

by gabriella

Non c’è bisogno di coltivare una speciale dedizione alla teleologia, alla mistica della pienezza dei tempi, o magari all’ottimismo evoluzionista secondo cui una cultura riesce sempre a produrre al momento giusto gli anticorpi contro le tendenze degenerative che la minano, per salutare l’arrivo in libreria dei Racconti analitici di Sigmund Freud (progetto editoriale e introduzione di Mario Lavagetto, note e apparati di Anna Buia, traduzione di Giovanna Agabio, “Millenni” Einaudi, 805 pagg,  85 euro) come una circostanza estremamente felice. In un contesto come quello presente, dominato dalla un tempo stimolante ma ormai stucchevole confusione categoriale tra fiction e non-fiction, sempre a rischio di annacquare ogni differenza all’insegna di una generica narratività che tutto pervade e nulla spiega (saggi che si leggono, purtroppo, “come romanzi”; romanzieri che si improvvisano storici, e viceversa; onnipresenza dello Storytelling in ogni ambito della comunicazione e della prassi sociale), il Freud proposto da Lavagetto invita invece a coltivare la sottile e necessaria arte del distinguo. Tra sapere e raccontare, letteratura e scienza, invenzione e scoperta esistono reti infinite di nessi e implicazioni, che bisogna pazientemente districare, non annegare in una melassa incommestibile.

Nessuno ne era più consapevole di Freud. I suoi rapporti con la letteratura, che Lavagetto indaga dai tempi di Freud la letteratura e altro, sono stati molteplici, complessi, fecondi ma anche tormentati. Era convinto che il poeta arriva per sue vie là dove lo scienziato a volte stenta a metter piede. Possedeva una vasta cultura letteraria, una memoria infallibile, una felicità di espressione e di costruzione narrativa che hanno pochi uguali: sotto il profilo della bellezza, molte sue opere, a cominciare dall’Interpretazione dei sogni, potrebbero stare senza disagio nel canone della migliore letteratura del Novecento. Non è lì però che Freud voleva collocarle. La storia di quei rapporti è anche la storia, appunto, di un disagio, di una diffidenza, di una tentazione e di una resistenza. Letteratura e scienza pretendono alla verità, e può capitare che vi arrivino per percorsi simili, ma non sono e non devono essere la stessa cosa, pena il decadere della psicoanalisi – secondo una maligna battuta di Krafft-Ebing, che aveva appena ascoltato una conferenza del giovane Freud – allo statuto di “favola scientifica”.

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6 Dicembre, 2011

C’era una volta la città dei matti, Storia di Lampo, pazzo filosofo

by gabriella

La normale storia di follia di uno dei personaggi dello sceneggiato Rai C’era una volta la città dei matti, dedicato alla biografia di Franco Basaglia.

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5 Dicembre, 2011

Suzanne Opton: Soldier, la guerra in uno sguardo

by gabriella

di Matteo Marini: http://espresso.repubblica.it/multimedia/fotogalleria/31065931

Soldati, veterani, uomini, ragazzi. Avvolti in una coperta pesante come l’eredità che si caricano sulle spalle, di una guerra che per loro non è mai terminata: non importa che sia stato il fronte europeo del secondo conflitto mondiale, le foreste del Vietnam o il deserto iracheno. In ‘Many wars’ lo sguardo della fotografa statunitense Suzanne Opton indugia sulle figure fragili degli ex combattenti, ricoverati alla clinica medica per veterani nel Vermont, affetti da disturbi da stress post-traumatico. Le cicatrici che la guerra ha lasciato su di loro sono evidenti nei loro sguardi. Anche nella postura ostinatamente fiera delle spalle e del busto, oppure accartocciati su loro stessi. Come pupazzi rimasti schiaccati, ora rotti e logori. Le serie di immagini ‘Many Wars’ e ‘Soldier’ sono raccolte in un volume edito da Decode a ottobre 2011. In ‘Soldier‘ Opton coglie la fragilità dell’uomo e del soldato, attraverso i ritratti di giovani militari tornati dal fronte iracheno e afghano. Anche loro ripresi in una posa peculiare: la testa reclinata, appoggiata come su un letto e lo sguardo perso nel vuoto.

In uno sguardo simile si era specchiato anche Steve McCurry fotografando la sedicenne Sharbat Gula in un campo profughi vicino a Peshawar, nel 1984.

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4 Dicembre, 2011

U. Galimberti, La pazzia secondo Foucault

by gabriella

Che rapporto c’è tra la psichiatria e la follia? A sentire Foucault un rapporto perverso, essendo la psichiatria una scienza nata non per curare la follia, ma per mettere la società al riparo dalla follia, segregandola un tempo nei manicomi e oggi nel chiuso dei corpi sedati dalle pillole. Non era questo l’intento di Pinel che nel 1793 inaugurò a Parigi il primo manicomio, liberando i folli dalle prigioni, in base al principio che il folle non può essere equiparato al delinquente. Con questo atto di nascita la psichiatria si presenta come scienza della liberazione dell’ uomo. Ma fu un attimo, perché il folle, liberato dalle prigioni, fu subito rinchiuso in un’altra prigione che si chiamerà manicomio. Da quel giorno incomincerà il calvario del folle e la fortuna della psichiatria. Se infatti passiamo in rassegna la storia della psichiatria vediamo emergere i nomi dei grandi psichiatri, mentre dei folli esistono solo etichette: isteria, astenia, mania, depressione, schizofrenia.

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13 Novembre, 2011

Bilingui, più rapidi ed efficienti nel prendere decisioni critiche

by gabriella

Quando il governo Cameron, qualche mese fa, tagliò lo studio della lingua straniera nelle scuole del regno imputandola alla scarsa utilità per dei madrelingua inglese, molti filosofi e pedagogisti videro in questa scelta tipica di un governo utilitarista e di corte vedute (come lo è, d’altra parte, quella dell’OCSE), un impoverimento grave della scuola britannica. I filosofi, d’altra parte, sono sempre stati convinti che tutto ciò che è davvero importante a scuola non serve propriamente a nulla.  Le neuroscienze confermano.

Una ricerca del San Raffaele sostiene che il cervello di chi parla due lingue riesce a scegliere in situazioni conflittuali in modo più veloce e con meno sforzo, rispetto a chi ne usa una sola. Un vantaggio in termini di capacità cognitive che non ha niente a che fare con il linguaggio di ALESSIA MANFREDI

PIÙ CREATIVITÀ, flessibilità, maggiore capacità di concentrazione, perfino più fiducia in sé stessi: sono diversi i vantaggi che regala il bilinguismo, specie se acquisito fin da piccoli. Padroneggiare una seconda lingua il più precocemente possibile consente di avere una marcia in più in diversi campi, culturali e cognitivi. E anche di riuscire a capire più velocemente degli altri qual è la scelta giusta in una situazione di conflitto. Lo sostiene una nuova ricerca che attribuisce ai bilingui anche questo plus: essere più rapidi nel prendere decisioni critiche in tempi brevi, impiegando al tempo stesso meno risorse.

Succede in qualsiasi momento, che si tratti di decidere se passare o fermarsi col semaforo verde che sta per diventare rosso, o tirare invece che passare la palla durante una partita con gli amici. Scelte che hanno una conseguenza immediata, da compiere in tempi strettissimi. In uno studio su Cerebral Cortex 1, coordinato dal dottor Jubin Abutalebi, docente di neuropsicologia all’università-Vita San Raffaele di Milano, in collaborazione con le università di Londra, Barcellona e Hong Kong, i ricercatori hanno osservato che i bilingue riescono a decidere che strada prendere in queste situazioni in modo più rapido rispetto a chi parla una lingua sola. E lo fanno in modo più efficiente, con meno sforzo.

Nello studio sono stati confrontati due gruppi: uno bilingue fin dalla nascita (italiano e tedesco), dell’Alto Adige. Il secondo monolingue, di età, background educativo e socioeconomico comparabili. Le loro prestazioni di fronte a compiti cognitivi sono state analizzate misurando le attività cerebrali con tecniche avanzate di neuroimaging e con la risonanza magnetica funzionale. Risultato? Si è visto che “i soggetti bilingue hanno più materia grigia nella corteccia del cingolo anteriore, un’area cruciale per il monitoraggio delle nostre azioni” spiega il dottor Abutalebi, primo autore dello studio.

C’è anche una correlazione positiva fra i risultati nel risolvere i conflitti cognitivi e lo spessore della materia grigia nell’area del cingolo anteriore, sottolineano gli scienziati. Dato che indica come il bilinguismo sin dalla nascita abbia un’influenza diretta sul cervello, che, spiega ancora Abutalebi, si ottimizzerebbe durante la crescita per svolgere compiti cognitivi che richiedono decisioni rapide ed efficienti.

“I soggetti bilingui sono più veloci a prendere decisioni critiche, ma attivano molto meno il cervello”, spiega ancora l’esperto. Quelli studiati dagli scienziati, infatti, hanno dimostrato di avere meno bisogno rispetto ai monolingue di impegnare la corteccia del cingolo anteriore per prendere decisioni, come si è visto attraverso la risonanza funzionale.

Più rapidi, più efficienti, con meno sforzo. Il motivo, ipotizzano i ricercatori, starebbe nell’abitudine fin da piccoli di tenere distinte le due lingue, per non fare confusione: una capacità che i bambini in genere acquiscono dai tre anni in poi. Per questo processo vengono impiegate le stesse strutture neurali che entrano in gioco nel prendere decisioni rapide. Usarle, quindi, di più fin dalla nascita darebbe un duplice vantaggio: un maggiore sviluppo anatomico e la necessità di ricorrervi di meno, rispetto a chi è monolingue, anche per decisioni non connesse al linguaggio.

E’ proprio questo uno degli aspetti più rilevanti, secondo gli autori dello studio. “Il vantaggio acquisito non ha nulla a che fare con l’ambito linguistico, ma è un beneficio che si riflette su altre facoltà cognitive”, conclude il professore. Che va ad aggiungersi ai tanti altri già osservati in chi gestisce precocemente un’altra lingua oltre a quella madre: come quello di “avere più memoria di lavoro nel cervello, un po’ come la Ram di un computer o quello di poter contare su un fattore protettivo per il decadimento cognitivo, dimostrato in altre ricerche”. E non occorre essere bilingui sin dalla nascita per godere di questi benefici: “Si riscontrano ugualmente anche se la seconda lingua la si apprende più tardi, durante la pubertà”, conclude l’esperto.

15 Settembre, 2011

DSA, Troppi bambini sono considerati dislessici ma hanno solo disturbi comuni. La polemica tra l’IdO e Giacomo Stella

by gabriella

Troppi bambini in Italia sono considerati dislessici, ma in realtà hanno solo disturbi comuni.

È questo l’allarme lanciato dall’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma – centro accreditato dal Sistema sanitario nazionale di terapia e ricerca per l’età evolutiva, operativo dal 1970, ed ente di formazione e aggiornamento per medici, psicologi e insegnanti – che venerdì 16 dicembre 2011 presenterà, in occasione della conferenza stampa sul tema “La Scuola dell’obbligo ed i Disturbi specifici dell’apprendimento”, presso la Sala delle Conferenze Stampa di Montecitorio, in Via della Missione 6 alle ore 11, alla presenza del responsabile dei rapporti con il mondo Scuola Udc, onorevole Paola Binetti, e del direttore dell’Ido, Federico Bianchi di Castelbianco, i risultati di un’indagine condotta in numerose scuole materne ed elementari per individuare i bambini a rischio di Disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa), sottolineando che una percentuale elevata di bambini è stata erroneamente indicata a rischio Dsa.

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