Posts tagged ‘ebrei’

8 Novembre, 2022

Alessandro Dal Lago, La xenofobia contemporanea secondo l’etnografia

by gabriella
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Hannah Arendt (1906 – 1975)

L’introduzione a Lo straniero e il nemico, analisi etnografica dell’ostilità crescente verso gli stranieri nelle società contemporanee.

A partire da Abramo, la condizione dello straniero respinto dalla città è un mito fondativo della tradizione ebraico-cristiana. Popolo per definizione di stranieri, nell’esilio egiziano o nella cattività babilonese, tra le genti di Canaan o sotto il tallone romano, nella diaspora e nelle persecuzioni che ne scandiscono la storia fino allo sterminio, gli ebrei incarnano il doppio ruolo di matrice della nostra cultura e di testimonianza della sua storica colpa.

La definizione weberiana degli ebrei come popolo-pariah, che Hannah Arendt (1951; 1975) riprenderà in un’accezione non più descrittiva ma propositiva (la condizione di pariah come premessa di una possibile libertà politica), sottolinea l’estraneità che il cosiddetto Occidente alberga in se stesso.

Per molti secoli (almeno fino alla comparsa degli zingari), gli ebrei saranno l’unico popolo veramente straniero in Europa, straniero in quanto impossibile da identificare con un territorio e con uno Stato, e quindi confinato in ghetti, sottoposto a regolamenti e statuti particolari e vessatori, oggi tollerato nelle città e domani cacciato o abbandonato ai pogrom.

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1 Luglio, 2019

Georg Simmel, Excursus sullo straniero

by gabriella

Simmel (1858-1918) nel 1914

L’Excursus sullo straniero è un classico della sociologia dei gruppi elaborato da George Simmel, il più filosofo dei sociologi.

L’autore vi delinea un profilo in cui lo straniero è un membro del gruppo (ingroup) caratterizzato dalla non appartenenza (outgroup); è quindi l’incarnazione stessa dell’ambiguità, del limite, della frontiera.

Quale appartenente alla comunità, lo straniero è una figura del «terzo» che impedisce alla comunità di giocare il facile gioco della tautologia (A=A) identificandosi con il “dentro” e opponendosi al “fuori”; è qualcuno che rompe il sogno dell’omogeneità naturale di un Noi identico a stesso, ponendosi a cavallo tra l’amico e il nemico.

Il testo seguente, tradotto da Antonina M. Meta Galioto da G. Simmel, Soziologie. Untersuchungen rdie Formen der Vergesellschaftung, München-Leipzig, Duncker-Humblot, 1923, è tratto da Enrico Pozzi (a cura di), Lo straniero interno, Firenze, Ponte alle Grazie, 1993, pp. 25-29.

Se il migrare, come distacco da ogni punto spaziale dato, costituisce il termine di paragone rispetto al fissarsi in un tale punto, allora la definizione sociologica dello « straniero » rappresenta, per così dire, l’unità di tutte e due le definizioni – certamente rivelando anche qui che il rapporto verso lo spazio è solo, da una parte, la condizione mentre, dall’altra parte, è il simbolo dei rapporti verso le persone.

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16 Ottobre, 2017

16 ottobre 1943, il rastrellamento del ghetto di Roma

by gabriella

Rai – La storia siamo noi, il racconto di Radiorai3 [Prima parteSeconda parte; Terza parteLa testimonianza di Pietro Terracini; La testimonianza di Giulia Sermoneta Coen] nel settantaquattresimo anniversario del rastrellamento.

rastrellamentoE’ morto all’inizio del mese di ottobre Leone Sabatello, ultimo sopravvissuto della razzia nazista nel ghetto di Roma. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, nel dare la notizia, ha così commentato la triste circostanza:

Leone, che aveva tatuato sul braccio il numero 158621 che gli imposero i nazisti in campo di sterminio, non era mai voluto tornare a visitare Auschwitz e non aveva mai raccontato la sua storia, che si è portato nella tomba. Questa morte pone di nuovo il problema della trasmissione della memoria a mano a mano che scompaiono sia i sopravvissuti sia i carnefici. L’angoscia che proviamo per la morte di Sabatello si sovrappone alla paura che nel tempo si possa modificare la verità di quegli anni bui.

È il 16 ottobre del 1943, il “sabato nero” del ghetto di Roma. Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d’ottavia e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini. Due giorni dopo, alle 14.05  del 18 ottobre, diciotto vagoni piombati partiranno dalla stazione Tiburtina. Dopo sei giorni arriveranno al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco. Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa dalla Polonia. Nessuno dei duecento bambini è mai tornato.

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14 Giugno, 2013

Carlo Galli, Sulla guerra e sul nemico

by gabriella

Carlo Galli

Davvero bella la ricognizione genealogica di Galli dell’evoluzione del concetto di nemico e della guerra, pubblicata su griseldaonline in uno spazio dedicato al tema.

La prima ipotesi metodologica che governa queste pagine è che per parlare del ‘nemico’ e delle ‘immagini’ intellettuali che ne sono state prodotte è necessario comprendere, prima di tutto, il nesso che lega la guerra, nel suo rapporto con la politica, alla figura del nemico; infatti, al variare delle forme dell’una corrisponde il mutare delle rappresentazioni dell’altro. Si darà quindi, di seguito, uno schematico resoconto delle scansioni epocali che rendono possibile inquadrare l’argomento.

Ed è necessario comprendere anche – è questa la seconda ipotesi – che la categoria di ‘nemico’ ha certo a che fare con l’identità del Sé, individuale o in questo caso collettivo (il Noi), che gli si oppone; ma che il nemico non è mai il portatore di un’estraneità piena e totale, di una dissimiglianza tanto radicale che col suo solo esistere possa rafforzare per di così dall’esterno l’identità del Noi; anzi, il nemico è anche, e forse più spesso e più intensamente, il polo di una relazione, per quanto ostile; quindi, se perché si possa produrre la piena formazione del Noi c’è bisogno di un nemico da escludere, ciò significa che il Noi non può fare a meno del nemico, e che questo è in qualche modo costitutivo della nostra identità, che è quindi sempre interno a Noi.

L’amico reca il nemico in sé, non fuori di sé. Ma allora il nemico è legato alla nostra identità non solo in quanto la fa essere, ma anche in quanto la fa, potenzialmente, non essere; non solo in quanto la determina, ma anche in quanto la minaccia dall’interno. Il nemico è chi non tanto è radicalmente dissimile, quanto piuttosto è a tal punto simile – pur portatore di sottili e mortali differenze – da essere inquietante e angoscioso, ossia non solo feindlich, ma anche unheimlich. La parentela fra amico e nemico, l’essere l’uomo interno all’altro, implica anche che la pace sia potenzialmente infiltrata dalla guerra, e che cioè la guerra e la pace, pur così distanti tra loro, abbiano in realtà una segreta relazione che le mette sempre a rischio di collassare nell’indistinzione.

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