Posts tagged ‘doxa’

11 Marzo, 2024

Platone

by gabriella

Platone e l’Accademia rappresentano per il pensiero filosofico qualcosa di più della fondazione di un atteggiamento di ricerca o di una scuola filosofica. Sono, in realtà, la più profonda ricognizione dei problemi della vita umana, individuale e collettiva, mai tentata nel mondo antico e forse nella storia occidentale.

In otto lezioni [e dodici videolezioni] tentiamo di presentare questa immensa elaborazione culturale e l’itinerario filosofico di un autore segnato in gioventù dalla morte ingiusta del maestro, la cui vita successiva è stata dedicata alla costruzione delle condizioni di una città giusta, i cui cittadini fossero liberi ed uguali [la versione stampabile della lezione è in coda al testo].

L’intera storia della filosofia non è che
note a margine al pensiero di Platone.

Alfred  N. Whitehead

Esercitazioni: Il Protagora; Il Gorgia; Il Teeteto

1. Eutifrone, Apologia, Critone, Fedone [commento al Fedone]
2. Cratilo, Teeteto, Sofista, Politico 
3. Parmenide, Filebo, Simposio, Fedro
4. Alcibiade maggiore, Alcibiade minore, Ipparco, Amanti
5. Teagete, Carmide, Lachete, Liside
6. Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone
7. Ippia maggiore, Ippia minore, Ione, Menesseno
8. Clitofonte, Repubblica, Timeo, Crizia
9. Minosse, Leggi, Epinomide, Lettere

Indice

1. Il senso della filosofia platonica

1.1 La formazione e la morte di Socrate
1.2 La vita come parresia e il significato pratico (o politico) della filosofia

 

2. L’opera e l’evoluzione del pensiero platonico

2.1 Le caratteristiche dei dialoghi giovanili
2.2 I dialoghi della maturità e l’allontanamento da Socrate

 

3. Il problema della giustizia: Protagora, Gorgia, Lettera VII

3.1 Il Protagora

3.1.1 È possibile insegnare la virtù politica (arete) come si insegna una conoscenza qualsiasi (techne)?
3.1.2 La risposta di Protagora: Prometeo ed Epimeteo
3.1.3 La virtù è unica o molteplice?

3.2 Il Gorgia

      3.2.1 Dialettica e retorica
      3.2.2 I temi del Gorgia

       3.3 La Lettera VII

 

4. Il problema della conoscenza: TeetetoMenone, Repubblica 

4.1 Il Teeteto

4.1.1 Il filo narrativo
4.1.2 L’ipotesi sofista di Teeteto: la conoscenza viene dalla sensazione
4.1.3 La conoscenza è la capacità di cogliere ciò che «è lo stesso in tutti i casi»
4.1.4 La verità non è una cosa, ma un compito

4.2 Il Menone

4.2.1 Il problema del dualismo conoscitivo
4.2.2 Conoscere non è una cosa, ma un’attività
4.2.3 Conoscere è il tornare dell’anima a se stessa 

4.3 La Repubblica

4.3.1 La metafora della linea

 

5. La conoscenza come educazione dell’anima: Simposio, Fedro, Lettera VII

5.1 Dal Menone al Simposio
5.2 Il Simposio

5.2.1 I sette discorsi del Simposio
5.2.2 Il discorso di Aristofane
5.2.3 Il discorso di Diotima

5.3 Il Fedro e la Lettera VII: l’intrasmissibilità della conoscenza

5.3.1 Fedro: la critica della scrittura
5.3.2 Lettera VII: «come fiamma s’accende da fuoco che balza» 

 

6. L’anima e la natura umana. La psicologia platonica nei dialoghi Fedone, Fedro e Repubblica

6.1 Fedone: l’immortalità dell’anima
6.2 Fedro, il mito della biga alata
6.3 Repubblica, il mito di Er

 

7. Giustizia, uguaglianza e libertà. La politica platonica nella Repubblica

7.1 Conoscenza e città giusta nella Repubblica
7.2 Il comunismo platonico
7.3 Riportare la città all’uguaglianza naturale

7.3.1 L’uguaglianza di genere

 

8. Verso Aristotele, l’irrisolto della teoria delle idee negli ultimi dialoghi

8.1 I problemi del dualismo cose-idee
8.2 Il Parmenide

8.2.1 Cosa sono le idee e qual è il loro rapporto con il mondo sensibile?

8.3  Il rapporto delle idee tra loro negli ultimi dialoghi
8.4 Il parricidio di Parmenide nel Sofista

 

Bibliografia essenziale

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4 Marzo, 2018

Cornelius Castoriadis, L’invenzione greca della democrazia diretta

by gabriella

Cornelius Castoriadis spiega la logica e il funzionamento della democrazia greca, là dove il popolo è lo stato e le magistrature sono elette, ma i rappresentanti sono estratti a sorte e sottoposti a rigorosa rotazione. Lo fa ponendola magistralmente a confronto con le post-democrazie moderne, ormai oligarchie liberali [qui video e testo con sottotitoli in italiano].

Dopo il video dell’intervista filmata nel 1989 da Chris Marker per la Sept (la futura Arte France) – incluso nella serie L’héritage de la chouette – una scelta di passi significativi tradotti dall’originale francese, disponibile su mediapart.fr.

Ce n’est que le peuple qui doit vivre sous ses lois qui peut décider quelles sont les meilleures.

Solo il popolo che deve vivere sotto le sue leggi può decidere quali siano  le migliori.

 


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1 Luglio, 2013

Fabio Milazzo, Il nuovo realismo è un totalitarismo

by gabriella

totalitarismo

Pubblicato su Haecceit@s, questo articolo di Fabio Milazzo espone condividibili ragioni di diffidenza verso il “nuovo realismo”.

Apologia della doxa

Il “nuovo realismo” è letteralmente una trovata geniale. Il paradigma, reso recentemente famoso da Maurizio Ferraris, che ne è il promotore in Italia, e da quella fucina di idee progressiste che è il gruppo La Repubblica[1], è riuscito a ritagliarsi un posto nelle asfittiche e claustrofobiche chiacchierate della filosofia italiana. Ma cos’è questa postura intellettuale che tanto credito sembra ottenere da personalità quali Umberto Eco – che, a dir la verità, già dai tempi de I limiti dell’interpretazione ha operato una svolta anti-ermeneutica – e dalle tante teste pensanti riunite in convegni quali quello di Bonn[2]?

Fondamentalmente è un ritorno ai fasti della doxa (δόξα), l’opinione comune, ciò contro cui si erge il pensiero filosofico fin dalle sue origini pre-socratiche[3]. Detta in maniera brutale, ma forse anche efficace, il nuovo realismo afferma la consistenza oggettiva della realtà, al di là di ogni fenomeno interpretativo. Il suo principale avversario non può che essere il Nietzsche che nel noto frammento postumo dichiarava profeticamente:

«Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: “ci sono soltanto fatti”‘, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto “in sé”; è forse un’assurdità volere qualcosa del genere. “Tutto è soggettivo”, dite voi; ma già questa è un’interpretazione, il “soggetto” non è niente di dato, è solo qualcosa di aggiunto con l’immaginazione, qualcosa di appiccicato dopo.

È infine ancora necessario mettere l’interprete dietro l’interpretazione? Già questa è invenzione, ipotesi. In quanto alla parola “conoscenza” abbia senso il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. “Prospettivismo”. Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro. Ogni istinto è una specie di sete di dominio, ognuno ha la sua prospettiva, che esso vorrebbe imporre come norma a tutti gli altri istinti»[4].

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26 Giugno, 2013

Il mito, i simboli e il loro uso politico

by gabriella

Raccolta di testi per esplorare la natura del mito in relazione alla costitutiva incompletezza della natura umana (Vernant; Guidorizzi) e al suo uso politico. I testi di Levi-Strauss, Barthes, Escobar sono pensati per introdurre all’uso politico del mito e del simbolico.

Jean-Pierre Vernant, Il mito greco

Non sono soltanto racconti. Contengono un tesoro di pensieri,
forme linguistiche, fantasie cosmologiche,
precetti morali, ecc.
che costituiscono il patrimonio comune dei greci dell’epoca preclassica.

Jacques Roubaud

zeus

Tratto da L’Univers, les Dieux, les Hommes (1999) trad. it. L’universo, gli dei, gli uomini, Torino, Einaudi, 2000.

Secondo Lévy-Strauss, un mito (μύθος) quale che sia la sua provenienza, si riconosce per la sua differenza dal racconto storico. La differenza con la narrazione storica è così ben marcata che in Grecia la historia (ἱστορία) si è formata contro il mito, come il resoconto esatto di fatti abbastanza vicini nel tempo perché testimini affidabili avessero potuto attestarli. Il mito si presenta invece come

un racconto venuto dalla notte dei tempi e che esisteva già prima che qualsiasi narratore iniziasse a raccontarlo [J.-P. Vernant, L’universo, gli dèi, gli uomini. Il racconto del mito, Torino, Einaudi, p. 5].

Il mito greco è un corpus di racconti arrivato a noi solo nel momento del declino, sotto forma di testi scritti che appartengono alle opere letterarie maggiori dell’epopea, della poesia, della tragedia, della storia e persino della filosofia, nelle quali, ad eccezione dell’Iliade, dell’Odissea e della Teogonia di Esiodo, compaiono dispersi, in modo frammentario, a volte allusivo. La condizione d’esistenza del mito è infatti l’oralità che permette alla polisemicità del racconto di svilupparsi e prendere forma in infinite variazioni ad ogni narrazione. Il racconto mitico presenta sempre varianti, versioni multiple.

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6 Luglio, 2012

Tonino Bucci, La crisi dell’intellettuale contemporaneo e il mondo invertito

by gabriella

Vale la pena di soffermarsi su questo articolo di Bucci che, dopo aver esaminato la crisi dell’intellettuale contemporaneo, studia  lo strano potere del falso, dell’inautentico e dell’errore con i quali la filosofia si misura fin da Platone. Perché l’apparenza, tanto più oggi, prevale sulla verità? Perché la menzogna e la credenza persuadono più dell‘epistéme?

Pensa di vedere degli uomini che vi siano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo,
sì da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo.
Platone, La repubblica
Il disagio della cultura è uno dei tratti paradossali della società contemporanea. Il degrado delle istituzioni culturali e le politiche di tagli di bilancio a scuola, università, ricerca, musei, archivi, teatri, cinema ed editoria, è solo un lato del problema. Prima ancora di essere erosa dalle logiche di contabilità dei governi, la cultura è oggi messa a rischio dal venir meno della legittimazione di cui godeva in passato e dal discredito del suo ruolo nella comunità. Tramontata la stagione dell’engagement, da un lato, e dell’universalismo dei valori, dall’altro, il segno più evidente della decadenza culturale è proprio la trasformazione del ruolo degli intellettuali – ammesso che in un tempo di profonda rivoluzione delle professioni cognitive si possa ancora parlare degli intellettuali come di un ceto sociale.
Secondo un’efficace formula di Zygmunt Bauman, l’intellettuale contemporaneo sarebbe passato dalla funzione di legislatore a quella di interprete. Quella figura di intellettuale che in passato, a torto o a ragione, poteva accreditarsi agli occhi della società come portavoce di istanze universali, capace di indicare ideali e modelli per l’avvenire, ha oggi abbandonato il campo a vantaggio di una nuova schiera di professionisti della comunicazione.

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