31 Luglio, 2015
by gabriella
Jacques Godbout
L’ambiguo rapporto tra le relazioni di dono e le relazioni utilitarie (stato e mercato) nell’introduzione [traduzione mia con originale sottostante] di Jacques Godbut, teorico canadese del Mouvement anti utilitariste dans les sciences sociales e tra i massimi studiosi del dono, a Le don, la dette et l’identité [2000], liberamente scaricabile qui.
Si tratta di un’ottima introduzione alla specificità delle problematiche comunitarie, anche se risente dell’assenza di riflessione sui quindici anni di trasformazioni sociali trascorsi dalla sua pubblicazione.
La questione del libro è abbastanza semplice da formulare. Perché, anche nella nostra società, così tante cose che ancora circolano attraverso il dono? Perché ci sentiamo ancora il bisogno di complicarci la vita con i doni, con i rituali e le incertezze che accompagnano il dono, mentre la nostra società ha sviluppato meccanismi molto più semplice e molto più efficaci per consentire ai beni e servizi circolare tra i suoi membri secondo le preferenze e le necessità individuali? Mi riferisco ovviamente al mercato, ma anche alla redistribuzione statale. Una percentuale molto elevata di quello che circola è infatti disciplinata da queste due istituzioni fondamentali della modernità. E se si discute molto oggi sull’opportunità di limitare l’intervento dello Stato è più spesso, in questa era di globalizzazione e di trionfo dell’ideologia liberista, per trasferirne la responsabilità al mercato.
La question de ce livre est assez simple à formuler. Pourquoi, même dans notre société, tant de choses circulent-elles encore en passant par le don ? Pourquoi ressentons-nous encore le besoin de nous compliquer la vie avec les cadeaux, avec les rituels et les incertitudes qui accompagnent le don, alors que notre société a développé des mécanismes beaucoup plus simples et beaucoup plus efficaces pour permettre aux biens et aux services de circuler entre ses membres selon les besoins ou les préférences de chacun ? Je fais référence bien sûr au marché,mais aussi à la redistribution étatique. Une proportion très importante de ce qui circule est en effet régie par ces deux institutions fondamentales de la modernité. Et si on discute beaucoup aujourd’hui des possibilités de limiter l’intervention de l’État, c’est le plus souvent, à cette époque de mondialisation et de triomphe de l’idéologie libérale, pour en transférer la responsabilité au marché.
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6 Luglio, 2015
by gabriella
Nelle ultime due settimane di scuola, in 4D abbiamo letto integralmente Utopia, di Thomas More. Il lavoro è stato svolto con la lettura pomeridiana di parti del testo e la discussione in classe delle schematizzazioni realizzate a casa. Al termine dell’analisi, un gruppo ha realizzato una presentazione Prezi [sotto la bozza preparata per iniziare].
Sabato 16 maggio: Presentazione di Utopia e del lavoro sul testo. Assegnazione della lettura pomeridiana per lunedì e martedì [pp. 1-32]
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29 Giugno, 2015
by gabriella
Elaborazione didattica sui concetti di politica e cittadinanza, tratta dal frammento di un seminario tenuto da Judith Revel, su questi temi, nella primavera scorsa.
Dopo aver riflettuto sull’intervento di Judith Revel, leggi la poesia di Wislawa Szymborska, Figli del tempo, e spiega perché tutto è politico.
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21 Giugno, 2015
by gabriella
Una rilettura del principio di non contraddizione alla luce delle logiche contemporanee. Tratto da Micromega.
«Esiste negli esseri un principio rispetto al quale è necessario che si sia sempre nel vero: è questo il principio che afferma che non è possibile che la medesima cosa in un unico e medesimo tempo sia e non sia».
Così Aristotele introduce, nel quarto libro della Metafisica, un principio destinato al nome di “Principio di Non-Contraddizione” – e a diventare la legge più autorevole del pensiero occidentale (firmissimum omnium principiorum, dicevano i medievali).
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14 Giugno, 2015
by gabriella
Radio3Scienza ha dedicato la puntata di oggi [24 giugno 2015] al Gender. La presunta “teoria” che negherebbe la differenza biologica tra uomo e donna è di nuovo sotto attacco, additata in questi giorni come strumento di corruzione infantile. Ma esiste davvero? Cosa dicono gli studi di genere su identità sessuale, costrutti culturali e comportamenti naturali. Sono intervenuti Telmo Pievani, filosofo della biologia all’università di Padova, e Raffaella Rumiati, neuroscienziata della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste.
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30 Aprile, 2015
by gabriella
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31 Marzo, 2015
by gabriella
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31 Marzo, 2015
by gabriella
Nel Discours de la servitude volontaire un diciottenne La Boétie riflette sul malencontre, il «tragico evento», il «malaugurato accidente» in seguito a quale l’uomo rinunciò alla propria natura, «l’esser nato propriamente per vivere libero», scegliendo invece la servitù e la rassegnazione alla sottomissione. La storia nasce proprio da quella rinuncia cioè, come notò Pierre Clastres, da «quella rottura fatale, quell’evento irrazionale che noi chiamiamo “nascita dello Stato”» che non ha nulla di necessario né dal punto di vista economico, né politico, né biologico.
La Boétie scrive negli anni che vedono l’acuirsi delle guerre di religione in Francia dopo il massacro degli ugonotti nella notte di S. Bartolomeo intorno al 1576 (anno presunto della pubblicazione), mentre cominciano a delinearsi le basi dello Stato assoluto: perché gli uomini, fatti per essere liberi, rinunciano con tanta naturalezza alla loro libertà? Perché la volontà di servire, come servitude volontaire, alberga nell’animo degli individui, come desiderio di identità e di riconoscimento e non è, invece, una costrizione che li piega al dominio del tiranno? Queste le sue domande.
Siate dunque decisi a non servire mai più e sarete liberi. […] la prima ragione per cui gli uomini servono di buon animo è perché nascono servi e sono allevati come tali.
Étienne de la Boétie
«No, non è un bene il comando di molti; uno sia il capo, uno il re», così Ulisse, secondo il racconto di Omero, si rivolse all’assemblea dei Greci. Se si fosse fermato alla frase «non è un bene il comando di molti» non avrebbe potuto dire cosa migliore. Ma mentre, a voler essere ancora più ragionevoli, bisognava aggiungere che il dominio di molti non può essere conveniente dato che il potere di uno solo, appena questi assuma il titolo di signore, è terribile e contro ragione, al contrario il nostro eroe conclude dicendo: «uno sia il capo, uno il re».
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18 Marzo, 2015
by gabriella
Ammirata dalla grazia letteraria di questa blogger, riporto il suo commento ai nuovi scandali della nostra Tangentopoli che, inizialmente, sembra sovrapporre cause storiche e pieghe antropologiche – l’errore originario dell’autore con cui gioca il titolo – fino al chiarimento dell’epico finale.
Lo ammetto, non amo l’umanità, amo alcune persone. Non mi riconosco in una patria, la mia heimat sono quelli che amo e che mi amano. Non sento di appartenere a un popolo, anche se ne rispetto la storia, se parla anche di riscatto, la tradizione e la cultura, se parlano anche di poveri e oppressi oltre che di eroi, navigatori e poeti.
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15 Febbraio, 2015
by gabriella
1. Il principio di causalità nel pensiero moderno
Il principio di causa-effetto è una correlazione tra due fenomeni per cui il secondo, l’effetto, è prodotto dal primo, la causa. Di questa proposizione si danno essenzialmente due interpretazioni: una ontologico-oggettivistica e una gnoseologico-soggettivistica. Secondo la prima sono i fenomeni in quanto tali ad essere legati dal nesso di causalità; vi sarebbe pertanto una forma di necessità in base alla quale, avvenuto un fatto, ne avviene un altro da questo causato. L’altra interpretazione afferma invece che il principio di causa-effetto non sussiste necessariamente nel mondo esterno, ma è un postulato generale inventato dall’uomo come criterio conoscitivo e ordinatore che consente di mettere in correlazione insiemi di fatti e di orientarci in un universo altrimenti caotico. Per questa seconda interpretazione si pone il problema di spiegare come un principio di ragione consenta di dar conto dei fenomeni. In genere si intende il nesso causa-effetto come una corrispondenza biunivoca, cioè un effetto è prodotto da una sola causa e viceversa una causa produce un solo effetto. Tuttavia questa ulteriore condizione non è necessaria e può ben darsi che una causa produca una molteplicità di effetti e che un effetto sia occasionato da una pluralità di cause.
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