Archive for ‘Filosofia’

28 Ottobre, 2014

Cinque domande per orientarsi nella filosofia moderna

by gabriella
René Descartes

Réné Descartes (1596 – 1650)

1. Come sorge la domanda sul valore della conoscenza nella filosofia moderna? 

La domanda sul valore della conoscenza torna a proporsi nella filosofia moderna con Cartesio che concepisce innovativamente il pensiero come il contenuto delle nostre rappresentazioni (idee). Se le idee sono rappresentazioni soggettive, contenuti della mente, sorge il problema della loro corrispondenza con la realtà, che nelle Meditazioni metafisiche il filosofo sottopone al vaglio del dubbio.

Nella classica interpretazione hegeliana, il dubbio cartesiano identifica il momento della frattura tra verità e certezza, essere e pensiero, che Cartesio ricompone temporaneamente ricorrendo alla dimostrazione (di sapore medievale) dell’esistenza di Dio, provata dall’esistenza dell’idea innata di un essere infinito di cui la nostra mente finita non può essere causa. E’ Dio quindi a garantire la perfetta coincidenza dei contenuti della mente (idee) con la realtà (cioè a ricomporre la frattura), ma l’opposizione (problematica) di essere e pensiero, rapidamente risolta da Cartesio, diviene definitiva meno di un secolo e mezzo dopo, quando Kant escluderà ogni prova razionale dell’esistenza di Dio, dichiarando inconoscibile la realtà profonda delle cose.

La svolta cartesiana, coincidente con la comprensione del ruolo del soggetto nella conoscenza, rappresenta dunque, l’atto di nascita di una filosofia completamente nuova, dominata dal problema della conoscenza, della sua origine, dei suoi limiti, del suo valore.

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28 Luglio, 2014

Jacques Roux, Manifeste des Enragés

by gabriella
Jacques_Roux (1752 - 1794)

Jacques Roux (1752 – 1794)

Il discorso pronunciato da Jacques Roux davanti ai deputati della Convention Nationale il 25 juin 1793.

Délégués du peuple français,

Cent fois cette enceinte sacrée a retenti des crimes des égoïstes et des fripons ; toujours vous nous avez promis de frapper les sangsues du peuple. L’acte constitutionnel va être présenté à la sanction du souverain ; y avez-vous proscrit l’agiotage ? Non. Avez-vous prononcé la peine de mort contre les accapareurs ? Non. Avez-vous déterminé en quoi consiste la liberté du commerce ? Non. Avez-vous défendu la vente de l’argent monnayé ? Non. Eh bien ! Nous vous déclarons que vous n’avez pas tout fait pour le bonheur du peuple.

La liberté n’est qu’un vain fantôme quand une classe d’hommes peut affamer l’autre impunément. L’égalité n’est qu’un vain fantôme quand le riche, par le monopole, exerce le droit de vie et de mort sur son semblable. La république n’est qu’un vain fantôme quand la contre-révolution opère, de jour en jour, par le prix des denrées, auquel les trois quarts des citoyens ne peuvent atteindre sans verser des larmes.

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12 Luglio, 2014

Heidegger

by gabriella
Martin Heidegger (1889 - 1976)

Martin Heidegger (1889 – 1976)

La noia profonda che si insinua serpeggiando nelle profondità della nostra esistenza come nebbia silenziosa, stringe insieme tutte le cose, gli uomini  e l’individuo stesso con esse, in una singolare indifferenza. Questa è la noia che rivela l’essente nella sua totalità.

Che cos’è la metafisica?, pp. 16-17; 1929; 1943

Indice

 

1. Il senso dell’essere e il problema dell’esistenza

1.1 La nascita dell’esistenzialismo
1.2 Le filosofie dell’esistenza

 

2. Heidegger e il senso dell’essere
3. L’esserci e il mondo
4. Dall’analitica esistenziale alla differenza ontologica
5. Heidegger e il nazismo

 

1. Il senso dell’essere e il problema dell’esistenza

Dalla metà dell’ottocento, con la fenomenologia e lo sviluppo delle scuole neokantiane, il dibattito filosofico si era concentrato sulla teoria della conoscenza.

La riflessione di Martin Heidegger si propone di oltrepassare questo orizzonte e di richiamare la filosofia al senso dell’essere.

Il primo problema che emerge da questa interrogazione è quello dell’esistenza individuale, quell’essere «gettati nel mondo» che richiede di progettare il senso del proprio «esserci», prospettiva che lega la prima produzione di Heidegger alle filosofie esistenzialiste del novecento.

Presto, però, la riflessione del filosofo si concentra sulla differenza ontologica tra l’essere e l’esserci, tema che diviene suo specifico interesse, come lo stesso filosofo precisa nella polemica Lettera sull’umanismo rivolta a Sartre (1947) – il destinatario era, in realtà, Jean Beauffret – che l’anno prima aveva pubblicato il testo della conferenza L’esistenzialismo è un umanismo.

 

1.1 La nascita dell’esistenzialismo

Qui voglio ricordare la mia definizione dell’etica: essa è ciò per cui l’uomo diventa quello che diventa.

S. Kierkegaard, Aut-aut

Più che una corrente di pensiero, l’esistenzialismo è una vera e propria temperie culturale che si impone a cavallo tra le due guerre mondiali (1930-1960), come interrogazione specifica sulla condizione umana. L’esistenza, vale a dire il rapporto tra l’essere umano e il mondo, è vista come un evento essenzialmente tragico e assurdo, intessuto d’angoscia.

grande guerra

La Grande Guerra: la trincea, l’assalto alla baionetta, i gas

La natura insensatamente tragica dell’esistenza, si impose allo sguardo degli intellettuali europei – che pure avevano salutato favorevolmente lo scoppio del conflitto – con gli eventi traumatici della prima guerra mondiale: una strage senza gloria e senza onore fatta di massacri epocali negli assalti alla baionetta e nelle linee di combattimento invase dai gas.

Ciò che morì definitivamente nelle trincee del Carso e della Marna fu, in questo modo, la fede nel progresso, nella scienza e nell’essere umano.

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9 Luglio, 2014

Husserl

by gabriella
Edmund Husserl (1859 - 1938)

Edmund Husserl (1859 – 1938)

La ricerca di una razionalità diversa da quella positivista e il compito del filosofo «funzionario dell’umanità».

L’orizzonte del mondo quale orizzonte di un’esperienza possibile di cose. Cose: cioè pietre, animali, piante, uomini, anche, e formazioni umane; ma tutto, qui, è soggettivo- relativo anche se normalmente, nella nostra esperienza e nella cerchia sociale che è legata a noi in una comunità di vita, noi perveniamo a fatti “sicuri”. […]

Ma se noi siamo gettati in un ambiente estraneo, tra i negri del Congo, tra i contadini cinesi, ecc., ci accorgiamo che le loro verità, i fatti che per loro sono assodati e verificati o verificabili non sono affatto quelli che noi riteniamo tali. Ma se noi ci poniamo il fine di una verità concernente gli oggetti che sia incondizionatamente valida per tutti i soggetti, a partire da ciò su cui, malgrado la relatività, sono d’accordo gli europei normali, gli indù normali, i cinesi, ecc. – da ciò che rende identificabili, per noi come per loro gli oggetti del mondo-della-vita a tutti comuni, dalla forma spaziale, dal movimento, dalle qualità sensibili, ecc. -, noi veniamo a trovarci sulla via che porta alla scienza obiettiva.

E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, § 36

 

Indice

1. Husserl e la fenomenologia
2. Il fenomeno
3. Brentano e Bolzano
4. La filosofia dell’aritmetica
5. Le Ricerche logiche
6. Dalla logica pura alla fenomenologia
7. Tornare alle cose stesse, «zu den Sachen selbst»
8. La fenomenologa pura o trascendentale
9. La crisi delle scienze europee
10. Il filosofo «funzionario dell’umanità»
11. Armando Massarenti, Che cos’è la coscienza?

 

1. Husserl e la fenomenologia

Edmund Husserl, matematico e filosofo moravo di origine ebrea, ha inaugurato agli inizi del novecento un insieme di ricerche e un nuovo metodo di indagine filosofica che ha preso il nome di fenomenologia ed ha avuto una grande influenza sulla cultura del secolo.

Il termine fenomenologia, che compare già in Kant ed Hegel, è usato da Husserl in modo specifico, per identificare un obiettivo: assicurare alla filosofia una base certa e farne una scienza rigorosa; e un metodo, consistente nel ricavare questa certezza originaria con la riduzione fenomenologica.

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7 Luglio, 2014

Friedrich Nietzsche, Della redenzione

by gabriella

NietzscheL’amor fati contro lo spirito della vendetta. Da Così parlò Zarathustra.

Un giorno quando Zarathustra passò sul gran ponte, gli storpi e i mendicanti lo circondarono, e un gobbo gli parlò così:

«Guarda, Zarathustra! Anche il popolo impara da te e presta fede alla tua dottrina: ma affinchè possa crederti interamente è ancor necessario una cosa – tu devi anzi tutto convincere gli infermi! Ne hai qui grande scelta e, in verità, un’occasione che devi afferrare… Tu devi rendere la vista ai ciechi e far correre gli zoppi; e togliere un poco a colui che ha troppa roba sul  dorso: – ecco, io penso, il vero modo per far sì che gl’infermi credano in Zarathustra!»

Ma Zarathustra rispose a colui che gli aveva parlato:

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5 Luglio, 2014

Bergson, prepararsi a vivere bene

by gabriella
Henri Bergson (1859 - 1941)

Henri Bergson (1859 – 1941)

Morte di un filosofo per il quale la filosofia era stata un «prepararsi a vivere bene».

«Le mie riflessioni mi hanno portato sempre più vicino al cattolicesimo dove vedo l’inveramento completo del giudaismo. Mi sarei convertito se non avessi visto prepararsi da anni l’immane ondata d’antisemitismo che s’infrangerà sul mondo. Ho voluto restare fra quelli che saranno domani perseguitati» [Testamento, 1937].

Tratto da Filosofia. Corso di sopravvivenza, di Girolamo di Michele [Ponte alle Grazie, 2011, pp. 355-256]

Bergson ha incontrato una buona morte, perché la sua morte è stata “giusta”. Eppure Bergson a occuparsi di etica è arrivato (se ragioniamo con le etichette e le categorie) piuttosto tardi: all’inizio degli anni Trenta. Però aveva già detto l’essenziale in un piccolo saggio, Il possibile e il reale, in cui invitava a occuparsi del rapporto fra realtà e possibilità perché lo studio di questi rapporti

«può essere un prepararsi a vivere bene»:

gli atti che rendono possibili i rapporti tra ciò che è e ciò che potrebbe essere sono definiti da Bergson come atti di libertà.

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2 Luglio, 2014

Rousseau sull’uguaglianza davanti alla legge

by gabriella
Rousseau

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

‎Avrei voluto vivere e morire libero, cioè così sottomesso alle leggi che né io né nessun altro potessimo scioglierne il giogo onorevole; questo giogo salutare e dolce, che le teste più fiere portano tanto più docilmente tanto più sono fatte per non portarne nessun altro.

Avrei dunque voluto che nessuno nello Stato avesse potuto dirsi al di sopra della legge e che nessuno al di fuori dello Stato avesse potuto imporsi ad esso con l’obbligo d’essere riconosciuto. Perchè quale che sia la costituzione di un governo, se vi si trova un sol uomo che non sia sottomesso alla legge, tutti gli altri sono necessariamente sottomessi alla sua discrezione […].
J’aurais voulu vivre et mourir libre, c’est-à-dire tellement soumis aux lois que ni moi ni personne n’en pût secouer l’honorable joug ; ce joug salutaire et doux, que les têtes les plus fières portent d’autant plus docilement qu’elles sont faites pour n’en porter aucun autre.
J’aurais donc voulu que personne dans l’État n’eût pu se dire au-dessus de la loi, et que personne au-dehors n’en pût imposer que l’État fût obligé de reconnaître. Car quelle que puisse être la constitution d’un gouvernement, s’il s’y trouve un seul homme qui ne soit pas soumis à la loi, tous les autres sont nécessairement à la discrétion de celui-là […].
Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, Dedica, 1755
2 Luglio, 2014

Il carteggio tra Rousseau e Voltaire sul Discours sur l’origine e le fondement de l’inegalité parmi les hommes (1754)

by gabriella

voltaireRousseauDopo averlo pubblicato ad Amsterdam nell’aprile 1755, Rousseau inviò una copia del Discours sur l’inegalitéa Voltaire che, come mostra il volume conservato a San Pietroburgo, lo commentò annotando a margine molte osservazioni pungenti.

Lo storico carteggio che ne seguì fu non meno scoppiettante: «ho ricevuto il suo nuovo libro contro il genere umano, di cui la ringrazio […] nessuno ha mai impiegato tanto spirito per renderci bestie, fa venir voglia di camminare a quattro zampe, ma siccome da più di sessant’anni ne ho perso l’abitudine ..».

«Non aspiro affatto a far tornare l’uomo alla stato animale, per quanto mi rammarichi, per parte mia, del poco che ne ho perduto […] Non cerchi dunque di rimettersi a quattro zampe, nessuno ci riuscirebbe peggio di lei …».

 

Lettre de Voltaire à M. J.-J. Rousseau, 30 août 1755

J’ai reçu, monsieur, votre nouveau livre contre le genre humain ; je vous en remercie.

Vous plairez aux hommes, à qui vous dites leurs vérités, mais vous ne les corrigerez pas. On ne peut peindre avec des couleurs plus fortes les horreurs de la société humaine, dont notre ignorance et notre faiblesse se promettent tant de consolations. On n’a jamais employé tant d’esprit à vouloir nous rendre bêtes ; il prend envie de marcher à quatre pattes, quand on lit votre ouvrage. Cependant, comme il y a plus de soixante ans que j’en ai perdu l’habitude, je sens malheureusement qu’il m’est impossible de la reprendre, et je laisse cette allure naturelle à ceux qui en sont plus dignes que vous et moi.

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2 Luglio, 2014

Denis Diderot, Il libero servo Rameau. Rousseau, Il bisogno innalzò i troni, le scienze e le arti li hanno rafforzati

by gabriella

Il nipote di Rameau di Denis Diderot, capolavoro satirico della seconda metà del Settecento è la parabola grottesca di un musico fallito, cortigiano convinto, amorale per vocazione avvolto in un lucido cupio dissolvi. Nella sua imbarazzante assenza di prospettive edificanti, nella riduzione della vita a pura funzione fisiologica riesce in maniera paradossale a ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e delle possibilità di redimerla. Rameau si è offerto attraverso i secoli come un nitido archetipo di libero servo, innocua foglia di fico per padroni a tolleranza variabile. Scorgiamo dietro la sua perversità le paure del filosofo del perdere se stesso e i propri riferimenti etici nell’affrontare un primo embrione di libero mercato delle idee che intuiva stesse nascendo in quel turbolento e fervido scorcio di secolo. Rameau manca dai nostri teatri dagli inizi degli anni Novanta, un ventennio di profonde mutazioni nel corpo della nostra società civile, le sue contorsioni intellettuali quindi assumono nuovo e violento impatto e nuovi motivi di aspro divertimento (Terni, Teatro Secci – 1 e 2 novembre 2011).

Con piece come Il nipote di Rameau, che Diderot scrive tra il 1762 e il 1763, il ‘700 pensa il proprio tempo funzionalisticamente (con un secolo d’anticipo su Marx e un paio su Talcott Parsons), inquadrando lucidamente la funzione di legittimazione del potere da parte degli intellettuali. Era stato Rousseau, una decina d’anni prima, ad aprire il dibattito. Nel primo dei suoi Discours (il Discorso sulle scienze e sulle arti), in aperta rottura con il suo tempo che pensava se stesso in termini di éclairement (lumi, rischiaramento) e di superamento di ignoranza e superstizioni, il ginevrino aveva sostenuto infatti che

«l’epoca presente è il regno della falsità»,

le lettere e le arti non sono mezzi di illuminazione ma di occultamento dell’ingiustizia, perchè 

«stendono ghirlande di fiori sulle catene»

di cui gli uomini sono carichi,

«soffocano in loro il sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravano nati, fan loro amare la schiavitù e ne formano i cosiddetti “popoli civili”».

Il filosofo può così concludere che «

«il bisogno innalzò i troni: le scienze e le arti li hanno rafforzati».

Bisogna aspettare Foucault (1926-1984) perchè si chiariscano le modalità di quel dressage (disciplinamento, creazione di “corpi docili”) a cui Rousseau si riferiva in termini di “civilizzazione” dello spirito autentico de l’homme naturel.

L’opera omnia di Diderot è accessibile dal sito di Gallica, in lingua originale.

2 Luglio, 2014

Rousseau, Le scienze dell’uomo

by gabriella

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

La più utile e meno approfondita delle conoscenze umane mi pare essere quella dell’uomo; e oso dire che la sola iscrizione del tempio di Delfi conteneva un precetto più importante e più difficile che non tutti i grossi libri dei moralisti.

Così io considero l’oggetto di questo Discorso come una delle cose più interessanti che la filosofia possa proporre e, disgraziatamente per noi, come una delle più spinose che i filosofi possano affrontare; poiché come conoscere l’origine della diseguaglianza tra gli uomini se non si incomincia con la conoscenza di loro stessi; e come arriverà l’uomo a vedersi tal quale l’ha formato la natura, attraverso tutti i cambiamenti che il succedersi del tempo e delle cose avrà dovuto produrre nella sua costituzione originale, e di scindere ciò che egli tiene dal suo proprio fondo, da ciò che le circostanze e il suo progredire hanno aggiunto o cambiato al suo stato primitivo?

Simile alla statua di Glauco che il tempo, il mare e gli uragani avevano talmente sfigurata da rassomigliare meno a un Dio che a una bestia feroce, l’anima umana alterata in seno alla società […] ha per così dire cambiato d’aspetto, al punto d’essere quasi irriconoscibile. […] E’ facile vedere che è in questi cambiamenti successivi della costituzione umana che bisogna cercare la prima origine delle differenze che distinguono gli uomini. Non si  immaginino i miei lettori che io osi lusingarmi di vedere ciò che è obiettivamente così difficile da vedere […] Non è certo impresa lieve di levare ciò che vi ha di originale e di artificiale nella natura presente dell’uomo, e di ben conoscere uno stato che non esiste più, che forse non è esistito, che probabilmente mai non esisterà, e di cui purtuttavia è necessario avere delle nozioni esatte per ben giudicare del nostro stato presente.

J.-J. Rousseau, Discours sur l’origine de l’inegalité parmi les hommes (Dell’origine della diseguaglianza tra gli uomini)

Jean Jaurès, “Les idées politiques et sociales de Jean-Jacques Rousseau” (1912)

Emile Durkheim, Le “Contrat social” de Rousseau (1918)


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