Posts tagged ‘Sartre’

20 Settembre, 2022

Esiste una natura umana?

by gabriella

Blaise Pascal (1623 – 1662)

La prima parte della lezione sulla natura umana dedicata a tre dibattiti filosofici: quello cinquecentesco Montaigne, Las Casas e Oviedo, quello seicentesco tra Cartesio e Pascal e quello contemporaneo di Eindhoven tra Chomsky e Foucault. Qui la seconda parte.

Ho una gran paura che questa natura [la natura umana]
sia anch’essa un primo costume, così come il costume è una seconda natura […]. Il costume è la nostra natura.

Blaise Pascal, Pensée,

Indice

1. Montaigne
2. Las Casas vs Oviedo
3. Pascal vs Cartesio
4. Il dibattito di Eindhoven

      4.1 Chomsky
      4.2 Foucault

 

1. L’uomo ha una «natura»?

Un modo classico per argomentare intorno all’esistenza o meno di una «natura umana» è quello di comparare comportamenti e costumi di persone appartenenti a culture diverse.

Se, infatti, si riesce a dimostrare l’esistenza di invarianti, cioè di tratti e modi di fare universali, che non cambiano nel tempo o nello spazio, allora è possibile (ma non necessario) parlare di un modo di essere dell’uomo, di una sua «natura» appunto, che sarebbe a monte, verrebbe prima, di qualunque tratto culturale. Se, invece, questa uniformità non si può rintracciare in alcun modo, viene a cadere anche l’ipotesi che prima di immergersi in una cultura particolare, un individuo abbia delle caratteristiche che condivide con ogni altro essere umano e che prescindono dal condizionamento culturale.

Per questa ragione, le prime osservazioni intorno all’esistenza della «natura umana» iniziano nell’incontro con l’alterità culturale: con i barbari da parte dei Greci e con gli indigeni da parte dei conquistadores.

 

1.1 Montaigne 

Hans Staden, Cannibalismo in Brasile (1557)

L’incontro con le popolazioni americane e le civiltà precolombiane del Messico e del Perù nel ‘500 agì da autentico choc culturale sulla mentalità europea.

Ai resoconti di viaggio e ai trattati etnografici dei primi esploratori e missionari seguirono le riflessioni di giurisiti, teologi, filosofi e moralisti tese a inquadrare in categorie politico-religiose, l’incontro-scontro con quelle popolazioni diverse da noi.

Le posizioni iniziali, motivate da consistenti interessi economici, furono decisamente etnocentriche: gli europei si considerarono cioè i rappresentanti dell’unica civiltà e religione universale, quella cristiana, di fronte a un’umanità guardata come inferiore e barbara.

Alla formazione di questo giudizio (o, più propriamente, pregiudizio), contribuirono le descrizioni dei costumi e delle pratiche delle popolazioni caraibiche, più arretrate di quelle incontrate poi dai conquistadores sul territorio americano.

Il nome stesso, Caraibi, significa infatti in spagnolo “cannibali“, e dipinge in modo inconfondibile il senso di disprezzo e di estraneità degli europei rispetto alle popolazioni autoctone.

Gli indigeni americani non furono dunque riconosciuti come portatori di una cultura, per quanto diversa dalla nostra, ma giudicati sul metro della civiltà europea come “selvaggi”, esseri semi-ferini da trattare senza scrupoli eccessivi.

read more »

23 Ottobre, 2017

Il dibattito sul metodo nella ricerca sociale. 1. I principali dilemmi

by gabriella

I principali dilemmi metodologici della ricerca sociale: la realtà sociale va semplicemente studiata o la sociologia deve contribuire a cambiarla? La sociologia può mettersi al servizio delle concrete domande dell’industria o deve limitarsi alla fare ricerca teorica? E deve avvalersi di metodi qualitativi o quantitativi?

Nel novecento si è sviluppato un ampio dibattito sul ruolo dello scienziato sociale e della sociologia nell’arena pubblica e sui metodi da preferire nella costruzione del sapere sociologico. Le principali opzioni si sono aggregate intorno alla coppia neutralità vs intervento nelle politiche sociali; ricerca teorica vs ricerca empirica; ricerca qualitativa vs ricerca qualitativa.

 

Neutralità vs intervento

Con che coraggio posso perdere il mio tempo a conoscere il segreto delle stelle,
quando davanti agli occhi ho sempre presente o la morte o la schiavitù?
Agitato dall’ambizione, dalla cupidigia, dalla temerarietà, dalla superstizione,
e avendo dentro di me altri simili nemici della vita, mi metterò a pensare al moto del mondo?

Anassagora, A Pitagora [Michel de Montaigne, Essays, 26].

Gramsci

Antonio Gramsci (1891 – 1937)

Nei Quaderni dal carcere, Antonio Gramsci aveva delineato l’identità e il ruolo di un intellettuale di tipo nuovo, l’intellettuale organico, proveniente dalla classe lavoratrice e ad essa legato dal compito di costruirne attivamente l’emancipazione. In questo che può essere considerato il prototipo dell’intellettuale impegnato in politica, Gramsci vedeva il superamento della distinzione tra homo faber e homo sapiens e la creazione di un’intellettualità diffusa capace di determinare cambiamenti sociali attraverso una nuova egemonia – concetto dalla lunga gestazione da Rousseau a Marx.

read more »

12 Luglio, 2014

Heidegger

by gabriella
Martin Heidegger (1889 - 1976)

Martin Heidegger (1889 – 1976)

La noia profonda che si insinua serpeggiando nelle profondità della nostra esistenza come nebbia silenziosa, stringe insieme tutte le cose, gli uomini  e l’individuo stesso con esse, in una singolare indifferenza. Questa è la noia che rivela l’essente nella sua totalità.

Che cos’è la metafisica?, pp. 16-17; 1929; 1943

Indice

 

1. Il senso dell’essere e il problema dell’esistenza

1.1 La nascita dell’esistenzialismo
1.2 Le filosofie dell’esistenza

 

2. Heidegger e il senso dell’essere
3. L’esserci e il mondo
4. Dall’analitica esistenziale alla differenza ontologica
5. Heidegger e il nazismo

 

1. Il senso dell’essere e il problema dell’esistenza

Dalla metà dell’ottocento, con la fenomenologia e lo sviluppo delle scuole neokantiane, il dibattito filosofico si era concentrato sulla teoria della conoscenza.

La riflessione di Martin Heidegger si propone di oltrepassare questo orizzonte e di richiamare la filosofia al senso dell’essere.

Il primo problema che emerge da questa interrogazione è quello dell’esistenza individuale, quell’essere «gettati nel mondo» che richiede di progettare il senso del proprio «esserci», prospettiva che lega la prima produzione di Heidegger alle filosofie esistenzialiste del novecento.

Presto, però, la riflessione del filosofo si concentra sulla differenza ontologica tra l’essere e l’esserci, tema che diviene suo specifico interesse, come lo stesso filosofo precisa nella polemica Lettera sull’umanismo rivolta a Sartre (1947) – il destinatario era, in realtà, Jean Beauffret – che l’anno prima aveva pubblicato il testo della conferenza L’esistenzialismo è un umanismo.

 

1.1 La nascita dell’esistenzialismo

Qui voglio ricordare la mia definizione dell’etica: essa è ciò per cui l’uomo diventa quello che diventa.

S. Kierkegaard, Aut-aut

Più che una corrente di pensiero, l’esistenzialismo è una vera e propria temperie culturale che si impone a cavallo tra le due guerre mondiali (1930-1960), come interrogazione specifica sulla condizione umana. L’esistenza, vale a dire il rapporto tra l’essere umano e il mondo, è vista come un evento essenzialmente tragico e assurdo, intessuto d’angoscia.

grande guerra

La Grande Guerra: la trincea, l’assalto alla baionetta, i gas

La natura insensatamente tragica dell’esistenza, si impose allo sguardo degli intellettuali europei – che pure avevano salutato favorevolmente lo scoppio del conflitto – con gli eventi traumatici della prima guerra mondiale: una strage senza gloria e senza onore fatta di massacri epocali negli assalti alla baionetta e nelle linee di combattimento invase dai gas.

Ciò che morì definitivamente nelle trincee del Carso e della Marna fu, in questo modo, la fede nel progresso, nella scienza e nell’essere umano.

read more »

9 Gennaio, 2014

Norberto Bobbio, Etica e politica

by gabriella

norbertobobbioNel decennale della morte di Norberto Bobbio (9 gennaio 2004), Micromega ripropone un saggio del 1986 in cui il filosofo illustra il rapporto tra politica ed etica, passando in rassegna le teorizzazioni della loro identità e della loro reciproca autonomia (a partire da Machiavelli). Si tratta di uno scritto limpido che si conclude con la considerazione fondamentale che non solo il rapporto tra etica e politica è controverso, ma l’etica stessa (la legittimità dei fini) resta dilemmatica, poiché l’azione buona non è (da Aristotele in poi) oggetto di definizione (cioè di conoscenza teoretica), ma di scelta rischiosa, basata sulla saggezza (phronesis).

Per la maggior parte della mia vita ho avuto due compiti difficilissimi da svolgere: insegnare e scrivere.
E confesso di essere sempre stato perseguitato dal dubbio di non essere all’altezza di questi due ardui impegni.

Norberto Bobbio

 

Come si pone il problema

I discorsi sempre più frequenti che si fanno da qualche anno nel nostro paese sulla questione morale ripropongono il vecchio tema del rapporto fra morale e politica. Vecchio tema e sempre nuovo, perché non vi è questione morale in qualsiasi campo venga proposta che abbia mai trovato una soluzione definitiva. Sebbene più celebre per l’antichità del dibattito, l’autorità degli scrittori che vi hanno partecipato, la varietà degli argomenti addotti, l’importanza del soggetto, il problema del rapporto fra morale e politica non è diverso dal problema del rapporto fra la morale e tutte le altre attività dell’uomo, per cui si parla abitualmente di un’etica dei rapporti economici, o, com’è accaduto spesso in questi anni, del mercato, di un’etica sessuale, di un’etica medica, di un’etica sportiva e via dicendo. Si tratta in tutte queste diverse sfere dell’attività umana sempre dello stesso problema: la distinzione fra ciò che è moralmente lecito e ciò che è moralmente illecito.

read more »

1 Dicembre, 2013

Jean-Paul Sartre, Prefazione a Frantz Fanon, Les damnés de la terre

by gabriella

SartreLes damnés de la terre esce nel novembre 1961 nel corso della guerra d’Algeria, mentre Frantz Fanon, un giovane psichiatra impegnato nella lotta anticolonialista, è in fin di vita in un ospedale americano – dove muore l’8 dicembre. Il libro, che esce con la prefazione di Jean-Paul Sartre, viene immediatamente bandito in Francia per «attentato alla sicurezza interna dello stato»

Vous condamnez cette guerre mais n’osez pas encore vous déclarer solidaires des combattants algériens ;
n’ayez crainte, comptez sur les colons et sur les mercenaires : ils vous feront sauter le pas.
Peut-être, alors, le dos au mur, débriderez-vous enfin cette violence nouvelle que suscitent en vous de vieux forfaits recuits.
Mais ceci, comme on dit, est une autre histoire. Celle de l’homme.
Le temps s’approche, j’en suis sûr, où nous nous joindrons à ceux qui la font.

Jean-Paul Sartre

Il n’y a pas si longtemps, la terre comptait deux milliards d’habitants, soit cinq cents millions d’hommes et un milliard cinq cents millions d’indigènes. Les premiers disposaient du Verbe, les autres l’empruntaient. Entre ceux-là et ceux-ci, des roitelets vendus, des féodaux, une fausse bourgeoisie forgée de toutes pièces servaient d’intermédiaires. Aux colonies la vérité se montrait nue ; les « métropoles » la préféraient vêtue ; il fallait que l’indigène les aimât. Comme des mères, en quelque sorte.

L’élite européenne entreprit de fabriquer un indigénat d’élite ; on sélectionnait des adolescents, on leur marquait sur le front, au fer rouge, les principes de la culture occidentale, on leur fourrait dans la bouche des bâillons sonores, grands mots pâteux qui collaient aux dents ; après un bref séjour en métropole, on les renvoyait chez eux, truqués. Ces mensonges vivants n’avaient plus rien à dire à leurs frères ; ils résonnaient ; de Paris, de Londres, d’Amsterdam nous lancions des mots « Parthénon ! Fraternité ! » et, quelque part en Afrique, en Asie, des lèvres s’ouvraient : « … thénon !… nité ! » C’était l’âge d’or.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=GByyCmgdpTY]

read more »

21 Ottobre, 2013

Francesca Borrelli, Massimo De Carolis, Francesco Napolitano, Massimo Recalcati, Nuovi disagi nella civiltà

by gabriella

nuovi disagiIl rapporto tra natura e condizione umana, dopo il dibattito di Eindhoven. Tratto da Le parole e le cose.

Francesca Borrelli Più o meno tutte le diverse letture dei mutamenti sociali intervenuti negli ultimi anni danno per scontato che sulla scena del mondo contemporaneo si sia affacciato un individuo di tipo nuovo: c’è chi pensa che le novità non siano tali da alterare i fondamenti antropologici dell’uomo, e c’è chi invece ipotizza una mutazione così profonda da investire i suoi requisiti specie-specifici, a cominciare dalla funzione simbolizzatrice, che deriva all’uomo dalla facoltà di linguaggio. Sono passati più di quarant’anni da quando Noam Chomsky e Michel Foucault si incontrarono per la prima e unica volta a Eindhoven, nel tentativo di definire il concetto di natura umana. Avevano alle spalle una lunga tradizione filosofica, secondo la quale la natura umana e la condizione umana non avrebbero granché da spartire, perché in nessun modo il rapporto dell’uomo con il mondo sarebbe riduzionisticamente riconducibile ai suoi requisiti biologici, essendo piuttosto un fattore culturale, storicamente determinato.

Nel corso di quel colloquio tra Chomsky e Foucault il tentativo di tenere legate biologia e storia, invariante specie-specifica e variante socio-politica, subì un ennesimo scacco. Per un verso, Foucault respingeva l’idea stessa di natura umana come scientificamente inconsistente, sottolineando come essa fosse, invece, una costruzione dipendente da fattori e da prospettive storico-sociali. D’altra parte, Chomsky insisteva sul carattere innato della facoltà di linguaggio, ma da un lato trascurava ogni relazione con la storia e dall’altro pretendeva di dedurre dalla linguisticità dell’uomo il modello di una società giusta.

read more »


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: