20 Settembre, 2023

Che cos’è la filosofia?

by gabriella

Definire la filosofia è un compito difficile perché, a differenza delle scienze, questo campo del sapere non ha un oggetto, non si rivolge a qualcosa di specifico, ma alla totalità delle cose che sono di cui interroga la stessa esistenza.

Per questo, Aristotele sostiene che la filosofia è nata dalla meraviglia che l’essere sia, che ci siamo e ci sia un mondo davanti a noi e la definiva come un sapere disinteressato e libero perché non utilizzabile per qualcosa di specifico.

Indice

1. Quando è nata la filosofia?
2. Il distacco dal mito e dalla tradizione
3. In cosa è diversa (e in cosa somiglia) dalle altre forme di sapere?
4. La nascita del termine “filosofia” e il contesto delle sue prime utilizzazioni
5. Le definizioni dei filosofi
Mappa riepilogativa; mappa 2

[Visualizzare il video da YouTube per usare il minutaggio]

 

1. Quando è nata la filosofia?

Tutti gli uomini, per natura amano la conoscenza

Aristotele, Metafisica, A, 980a

 

Anche se il concetto di filosofia emerge nel V secolo, Aristotele e l’intera tradizione della storia della filosofia considerano filosofi i primi pensatori greci vissuti agli inizi del VI° secolo a. C. nelle colonie greche della Ionia (Asia Minore) – coloro che per primi «hanno filosofato intorno alla verità» [Aristotele, Metafisica, I].

La prima scuola sorse nella città di Mileto dove viveva Talete, il suo allievo Anassimandro e Anassimene); poi animò Efeso (Eraclito), Colofone (Senofane), Clazomene (Anassagora).

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12 Settembre, 2023

La percezione: storia e analisi del processo cognitivo

by gabriella

Le lezione su come funziona il processo percettivo, quali studi hanno contribuito alla sua scoperta e quali implicazioni ha il nostro modo di percepire sulla vita individuale e sociale.

Sapere come percepiamo il mondo, ci permette di rispondere alla domanda: il mondo è così come lo vediamo o no?

 

Indice

1. La Gestalt e gli studi sulla percezione

1.1 Il concetto di struttura e le due leggi fondamentali della Gestalt

2. La percezione

2.1 La percezione come processo cognitivo
2.2 Il funzionamento della percezione
2.3 La percezione dei colori

2.3.1 Lo spettro elettromagnetico

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22 Maggio, 2023

Rousseau

by gabriella

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

Critico della politica e della vita associata, Rousseau ha condotto una riflessione globale sui problemi della vita civile, dedicando gli sforzi più significativi alla costruzione degli strumenti politici ed educativi per modificare tale realtà.

Indice

1. I temi antiilluministi del Discorso sulle scienze e sulle arti

2. La critica della civiltà del Discorso sull’origine della diseguaglianza

2.1 La diseguaglianza è contraria alla legge di natura
2.2 La contestazione delle visioni dello stato di natura di Locke e Hobbes

2.2.1 Lo stato di natura in Locke
2.2.2 Lo stato di natura in Hobbes
2.2.3 Lo stato pre-civile secondo Rousseau

 

 3. L’Emilio

3.1 Libri I. L’infanzia e l’educazione negativa
3.2 Libro II. La fanciullezza e l’educazione positiva

3.2.1 L’autoregolarsi della libertà: dipendenza dalle cose e dipendenza dagli uomini
3.2.2 Contro Locke: l’illusione del ragionare coi fanciulli
3.2.3 L’esempio del maestro
3.2.4 L’apprendimento della lettura

3.3 Libro III. L’educazione dai dodici ai quindici anni

3.3.1 La nobiltà del lavoro manuale

3.4 Libro IV. L’adolescenza e l’educazione alla socialità
3.5 Libro V. La giovinezza

 

4. Il Contratto sociale

4.1 Il patto originario
4.2 Libertà ed eguaglianza

 

5. La travagliata ricezione dell’Emilio

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8 Maggio, 2023

Platone, Il mito degli androgini

by gabriella

simposioDurante il simposio, prende la parola anche il commediografo Aristofane e dà la sua opinione sull’amore narrando un mito.

Un tempo – egli dice – gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e giunsero a sentirsi tanto forti da tentare la scalata al cielo. Zeus, allora, incollerito, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all’antica completezza e appagamento.

Mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della potenza dell’Eros. Se se ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei più magnifici, e gli offrirebbero i più splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi, quando nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perché è il dio più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse per gli uomini la più grande felicità. Dunque cercherò di mostrarvi la sua potenza, e voi fate altrettanto con gli altri.

Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura della specie umana e quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi andati, infatti, la nostra natura non era quella che è oggi, ma molto differente. Allora c’erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmina. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l’androgino, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. Oggi non ci sono più persone di questo genere. Quanto al nome, ha tra noi un significato poco onorevole.

Questi androgini erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell’unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po’ come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c’erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d’entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l’essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dèi.

Allora Zeus e gli altri dèi si domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un’idea. –

“Io credo – disse – che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso – disse – io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri.”

Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d’ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un’apertura – quella che adesso chiamiamo ombelico. Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella regione del ventre e dell’ombelico, come ricordo della punizione subìta. Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all’altra. Si abbracciavano, si stringevano l’un l’altra, desiderando null’altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d’inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l’altra. E quando una delle due metà moriva, e l’altra sopravviveva, quest’ultima ne cercava un’altra e le si stringeva addosso – sia che incontrasse l’altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo.

Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l’uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza.

E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d’amore gli uni per gli altri, per riformare l’unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell’uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione dell’essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra che le è complementare, perché quell’unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E’ per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto dei sessi che abbiamo chiamato androgino si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall’essere completo di sesso femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche. I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi.

Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio primitivo, si innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro ardore, la loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili. Ed eccone una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di questo tipo sono i soli a mostrarsi veri uomini e a occuparsi di politica. Da adulti, amano i ragazzi: il matrimonio e la paternità non li interessano affatto – è la loro natura; solo che le consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro, sarebbero bel lieti di passare la loro vita fianco a fianco, da celibi. In una parola, l’uomo cosiffatto desidera ragazzi e li ama teneramente, perché è attratto sempre dalla specie di cui è parte.

Queste persone – ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque – quando incontrano l’altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall’affinità con l’altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei – per così dire – nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dirti cosa s’aspettano l’uno dall’altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie dell’amore: non possiamo immaginare che l’attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C’è qualcos’altro: evidentemente la loro anima cerca nell’altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse:

Che cosa volete l’uno dall’altro?”,

e se, vedendoli in imbarazzo, domandasse ancora:

“Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell’Ade, voi non sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che desiderate? è questo che può rendervi felici?”

A queste parole nessuno di loro – noi lo sappiamo – dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos’altro. Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio desiderava: riunirsi e fondersi con l’altra anima.

Non più due, ma un’anima sola. La ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l’ho descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di amore. Allora, come ho detto, eravamo una persona sola; ma adesso, per la nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli Arcadi lo sono stati dagli Spartani. Dobbiamo dunque temere, se non rispettiamo i nostri doveri verso gli dèi, di essere ancora una volta dimezzati, e costretti poi a camminare come i personaggi che si vedono raffigurati nei bassorilievi delle steli, tagliati in due lungo la linea del naso, ridotti come dadi a metà. Ecco perché dobbiamo sempre esortare gli uomini al rispetto degli dèi: non solo per fuggire quest’ultimo male, ma anche per ottenere le gioie dell’amore che ci promette Eros, nostra guida e nostro capo. A lui nessuno resista – perché chi resiste all’amore è inviso agli dèi. Se diverremo amici di questo dio, se saremo in pace con lui, allora riusciremo a incontrare e a scoprire l’anima nostra metà, cosa che adesso capita a ben pochi. E che Erissimaco non insinui, giocando sulle mie parole, che intendo riferirmi a Pausania e Agatone: loro due ci sono riusciti, probabilmente, ed entrambi sono di natura virile. Io però parlo in generale degli uomini e delle donne, dichiaro che la nostra specie può essere felice se segue Eros sino al suo fine, così che ciascuno incontri l’anima sua metà, recuperando l’integrale natura di un tempo. Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l’anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l’avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d’un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità.

(Platone, Simposio)

Buongiorno, La Stampa, 21.12.2012

2 Maggio, 2023

Locke e l’educazione del gentleman

by gabriella

John Locke (1632 – 1704)

Dal punto di vista pedagogico, il ‘700 è il secolo dei grandi riformatori di sistemi scolastici e di tre grandi filosofi dell’educazione: Locke, Rousseau e Kant.

Il primo ad intervenire è John Locke, i cui Pensieri sull’educazione sono uno dei testi pedagogici più letti e dibattuti tra ‘700 e ‘800.

In questo lavoro, nato dalla richiesta di consigli per l’educazione di suo figlio da parte di Lord Edward Clarke of Chipley, Locke delinea – in 217 lettere – il nuovo modello formativo della classe dirigente sulla base delle necessità sociali dell’élite dell’epoca. 

È il manifesto dell’individualismo liberale e dell’educazione borghese.

L’educazione del gentleman ha come rovescio quella dei ragazzi di estrazione popolare: semplice misura correzionale di avviamento al lavoro coatto attuata un secolo dopo la morte del filosofo.

 

Indice

1. Lo scenario storico
2. I Pensieri sull’educazione: spirito critico e libertà

2.1 L’educazione del gentleman: open education, tra autorità e libertà
2.2 L’educazione popolare: ortopedia lavorativa e scolarizzazione generalizzata nelle working school

 

3. La struttura dell’educazione d’élite

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18 Aprile, 2023

Comenio

by gabriella

Jan Amos Komensky (1592 – 1670)

Erudito di fama internazionale, linguista ed esponente della comunità protestante dei Fratelli Boemi, Jan Amos Komensky (1592-1670) è l’ultimo erede dell’umanesimo e della riforma protestante e il primo pedagogista moderno.

Nel suo pensiero, riforma politica e riforma dell’educazione non possono essere separati e il diritto dei poveri e delle donne a sviluppare pienamente la propria personalità attraverso l’istruzione è ricavato direttamente dalla natura spirituale di un’umanità fatta «a immagine e somiglianza di Dio» (Genesi).

Enorme è quindi la distanza di Comenio dalla prima teorizzazione del diritto dei poveri alla scuola che Lutero concepiva semplicemente come via per la salvezza dell’anima (1517), ma anche da quella posteriore di Condorcet per il quale «la società deve al popolo un’istruzione pubblica come mezzo per rendere effettiva l’eguaglianza dei diritti» (1791).

Comenio resta, infatti, ancorato alla visione premoderna di un ordine armonico di diritto divino nel quale si legittimano le diseguaglianze tra gli uomini e in cui i poveri, una volta istruiti «saprebbero ben restare al loro posto»

 

Indice

1. Pampedia: riforma religiosa e riforma sociale
2. Il disegno di rinnovamento sociale dei Fratelli Boemi
3. L’umanità decaduta e la via della salvezza da operare «coi nostri mezzi»
4. Pansophia: insegnare tutto a tutti
5. Il metodo: la Didactica magna
6. Per una didattica conforme alla natura
7. Educazione ed emancipazione umana

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21 Marzo, 2023

Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino

by gabriella

26 agosto 1789

I Rappresentanti del Popolo Francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale,

rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri;

affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo dal poter essere in ogni istante paragonati con il fine di ogni istituzione politica;

affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su dei princìpi semplici e incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti.

In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino:

Articolo 1

Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.

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19 Marzo, 2023

Lutero e la riforma protestante

by gabriella

Martin Luther (1483-1546)

Due millenni dopo i sofisti, la teologia protestante inizia l’opera di alfabetizzazione popolare, dei poveri e delle donne, attraverso una nuova teologia che indica nella lettura delle Sacre scritture la via per la salvezza dell’anima.

 

Indice

1. Lutero e la dissoluzione rinascimentale dell’ordine medievale
2. La protesta di Lutero e la teologia protestante

 

2.1 Le 95 tesi e la critica politica alla Chiesa
2.2 Dalla critica politica alla nuova teologia

 

3. Le conseguenze pedagogiche della riforma protestante
4. Gli sviluppi politici della riforma: i monarcomachi

 

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18 Marzo, 2023

Il lavoro tra fondamento costituzionale e declino sociale

by gabriella

Svolgimento della traccia del tema di Scienze Umane sugli argomenti di Educazione civica.

Gli artt. 1;4; 35 (e 37) assegnato al lavoro il ruolo di fondamento della Repubblica. Al tempo stesso, il lavoro conosce, nella società contemporanea, una crisi forse irreversibile.

Avvalendoti della lettura degli artt. costituzionali e delle tue conoscenze sociologiche, illustra il ruolo del lavoro , quindi dei cittadini, nella vita della Repubblica, spiegando quale nuovo senso debba assumere la sovranità popolare, anche alla luce dell’art. 3.

La Repubblica italiana si dichiara democratica, in quanto fondata sulla partecipazione attiva di tutti i cittadini allo sviluppo della vita sociale: questo è il significato dell’art. 1  e dell’indicazione della sovranità popolare che contiene.

Il lavoro è, infatti, la forma fondamentale di cooperazione sui cui si basa la società umana in ogni tempo e in ogni luogo ed è, per questo, il terreno principale, benché non esclusivo, dello sforzo collettivo di realizzazione del progresso sociale, economico e culturale di un paese.

Tale fondamento di partecipazione alla vita sociale è però fortemente in crisi e il suo ruolo come motore di progresso e di promozione umana è sfidato dalla progressiva perdita di valore del lavoro innescata dalla globalizzazione economica, dalla finanziarizzazione dell’economia e dall’avvento delle intelligenze artificiali che rendono ancora più incerto il suo ruolo futuro.

Quale senso occorre dare, quindi, al primo art. della Costituzione repubblicana? Senza dubbio è necessario intendere in senso estensivo il suo riferimento al lavoro e riferirlo a quella partecipazione attiva alla vita sociale a cui allude l’art. 3.

Se la Repubblica è democratica, infatti, è perché promuove attivamente il pieno sviluppo della personalità umana e la partecipazione di tutti i cittadini alle scelte collettive e alla vita sociale, risultato assicurato da quello che Piero Calamandrei chiamava un “organo costituzionale”, cioè la scuola.

14 Marzo, 2023

Ex OPG Materdei, Napoli

by gabriella

O.P.G. - Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Napoli. Criminal lunatic asylum in Napoli. © Roberto Boccaccino / Grazia Neri

Ho visitato l’ex OPG Materdei di Napoli alla fine del 2016, ma non ho avuto il coraggio di fotografare gli spazi claustrofobici dove gli internati sono vissuti per anni: stanzette di due metri per due con il letto murato al pavimento, un’oblò sul cortile interno e un buco sul pavimento per bagno. L’ho fatto solo all’esterno per gli scatti che ho messo in fondo all’articolo, prima del servizio di Presa Diretta sull’OPG di Aversa e del documentario sui manicomi giudiziari di Simone Cicalone.

opg2Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari sono stati chiusi solo il 31 marzo 2015, quello che sorge al centro di Napoli, il Materdei, nel 2008. Il reportage di Fanpage dà un’idea di questo luogo oggi occupato da un collettivo che ne ha fatto uno spazio di denuncia e di memoria, di aggregazione e servizi per il quartiere.

Goffman, Asylum

mappa Asylum

La mutilazione dell’identità personale

art 27 comma 3

 

 

Il Materdei

L’Ospedale Psichiatrico Giudiziario “Sant’Eframo” sorgeva nel cuore del rione Materdei, uno dei più antichi e popolosi di Napoli, in un enorme edificio seicentesco sorto come convento francescano (1571). Nel 1925 il complesso religioso fu adibito a “manicomio giudiziario” poi, dal 1975, ad Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Questo luogo che oggi suscita sgomento e indignazione, fu modificato allo scopo con soluzioni architettoniche a cabina di nave, con oblò e torri di sorveglianza che escludevano qualsiasi riservatezza e mortificavano la dignità dei ricoverati. Dopo la dichiarazione di inagibilità, nel 2000, gli internati sono stati progressivamente trasferiti in un’ala esterna del carcere di Secondigliano-Scampia. La chiusura definitiva dell’OPG è avvenuta nel 2008.

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