Posts tagged ‘stato d’eccezione’

30 Luglio, 2015

Walter Benjamin, Processi per stregoneria

by gabriella
Walter Benjamin nel 1929

Walter Benjamin nel 1929

Il piccolo saggio Processi alle streghe (Procès de sorcières) è tratto dalla versione francese dei racconti radiofonici per ragazzi (Lumières pour enfants), realizzata da Walter Benjamin dal 1929 al 1932 per le radio di Berlino e Francoforte. L’intellettuale racconta con semplicità e raccapriccio la storia della repressione di maghi e streghe, sapienti e scienziati di un tempo in cui le scienze teoriche non erano ancora separate dalle scienze applicative o tecniche, il rinascimento appunto. Nel farlo rovescia il rapporto, oggi chiarito dagli storici, tra eresia e stregoneria trascurando, a vantaggio della scorrevolezza di un racconto per ragazzi, gli elementi di chiarificazione politica della caccia alle streghe. Traduzione mia.

Sono stati Hansel e Gretel a presentarvi la vostra prima strega. Come la vedevate? Una donna nel bosco, brutta e pericolosa che è meglio non incontrare. Non avete cercato di sapere se era dalla parte del diavolo o del buon Dio, da dove venisse, né cosa facesse o non facesse. Ebbene, la gente ha fatto come voi per secoli. In generale, credeva alle streghe come i bambini piccoli credono alle favole. Ma come i bambini, anche i più piccoli, non confondono la vita con le storie, le persone dei secoli passati non si sognavano di modellare la loro vita su questa convinzione.

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10 Giugno, 2013

Francesco Lamendola, Amico e nemico nel pensiero politico di Carl Schmitt

by gabriella

Schmitt

Una buona introduzione al pensiero politico di Carl Schmitt e all’antitesi ‘amico/nemico’. In coda al testo la scansione dei paragrafi § 3 e 4 de Il concetto di ‘politico’, tratti da Le categorie del ‘politico’ (1932), trad. it. 1972, Bologna, Il Mulino, pp. 110-120.

Se vi è un pensatore politico la cui opera sia più che mai viva nel mondo contemporaneo, quegli è il tedesco Carl Schmitt (1988-1986), le cui dottrine si possono vedere in controluce, ad esempio, nella praxis inaugurata dall’Amministrazione repubblicana statunitense dopo l’11 settembre del 2001 (ma in effetti, per chi sapeva vedere, anche assai prima di quella data e anche da parte di precedenti Amministrazioni, democratiche, di quella nazione).

Carl Schmitt, già membro del Consiglio di Stato prussiano e presidente dell’Associazione dei giuristi nazionalsocialisti durante il nazismo, proveniva da una famiglia del ceto operaio e di religione cattolica. In realtà, del cristianesimo (come dell’hegelismo) condivideva il pessimismo antropologico in quanto era convinto di una “caduta” dell’uomo da una condizione originaria di felicità, che lo aveva reso “cattivo”; ma, a differenza del cristianesimo, non credeva in un suo possibile riscatto e pensava, con Machiavelli e con Hobbes, che l’unico mezzo per impedirgli di scatenare una guerra di tutti contro ciascuno fosse riposta in un potere statale forte, tanto più necessario e tanto più problematico ora che, con l’avvento della modernità, erano venute meno le forme tradizionali della legittimità (ad esempio, il potere monarchico di diritto divino).

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6 Luglio, 2011

Paolo Virno, Antropologia e teoria delle istituzioni

by gabriella

Non vi è indagine sulla natura umana che non porti con sé, come un passeggero clandestino, almeno l’abozzo di una teoria delle istituzioni politiche. L’analisi degli istinti e delle pulsioni della nostra specie contiene sempre un giudizio sulla legittimità del Ministero degli Interni. E viceversa: non vi è teoria delle istituzioni politiche degna di questo nome che non adotti, quale suo celato presupposto, l’una o l’altra rappresentazione dei tratti che distinguono l’Homo sapiens dalle altre specie animali. Per tenersi a un esempio liceale, poco si comprende del Leviatano di Hobbes se si trascura il suo De homine.

Il nesso tra riflessione antropologica e teoria delle istituzioni è stato formulato con grande schiettezza da Carl Schmitt nel settimo capitolo del suo Il concetto del ‘politico’ . Egli scrive:

Si potrebbe analizzare tutte le teorie dello Stato e le idee politiche in base alla loro antropologia, suddividendole a seconda che esse presuppongano, consapevolmente o inconsapevolmente, un uomo “cattivo per una natura” o “buono per natura”. […] Nell’anarchismo dichiarato è immediatamente chiara la stretta connessione esistente tra la fede nella “bontà naturale” e la negazione radicale dello Stato: l’una consegue all’altra ed entrambe si sorreggono a vicenda. […] Il radicalismo ostile allo Stato cresce in misura uguale alla fiducia nella bontà radicale della natura umana. […]

Se l’uomo fosse un animale mite, votato all’intesa e al reciproco riconoscimento, non vi sarebbe necessità alcuna di istituzioni disciplinanti e coercitive. La critica dello Stato, sviluppata da anarchici e comunisti, trae alimento, secondo Schmitt, dall’idea pregiudiziale di una “bontà naturale” della nostra specie. Se però, come tutto lascia credere, l’Homo sapiens è un animale pericoloso, instabile e (auto)distruttivo, sembra inevitabile, per tenerlo a freno, la formazione di un “corpo politico unitario” che eserciti, parole di Schmitt, un incondizionato “monopolio della decisione politica”.

Credo che bisogna confutare alla radice la tesi di Schmitt. A mio giudizio, la rischiosa instabilità dell’animale umano – il cosiddetto male, insomma – non implica affatto la formazione e il mantenimento della sovranità statale. Al contrario. Il “radicalismo ostile allo Stato” e al modo di produzione capitalistico, lungi dal presupporre l’innata mitezza della nostra specie, può trovare il suo autentico piedistallo nel pieno riconoscimento dell’indole “problematica”, cioè indefinita e potenziale (dunque anche pericolosa), dell’animale umano. La critica del “monopolio della decisione politica”, e in genere di istituzioni le cui regole funzionino come una coazione a ripetere, deve poggiare proprio sulla constatazione che l’uomo è “cattivo per natura”.

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