Archive for ‘Filosofia’

19 Novembre, 2015

Luca Guidetti, Giovanni Matteucci, Essere pensiero e linguaggio. Parmenide e la tesi dell’isomorfismo pensiero/realtà

by gabriella

Guidetti e Matteucci, ricercatori dell’Università di Bologna, illustrano la genesi dell’ontologia eleatica e il senso dell’identità essere/pensiero, fondamento e presupposto della filosofia greca.

p1

read more »

4 Novembre, 2015

Gilles Deleuze, R comme résistance

by gabriella

La philosophie crée des concepts, et dés que l’on crée, on résiste. Les artistes, les cinéastes, les musiciens, les mathématiciens, les philosophes, tout ces gens là résistent. Mais ils résistent à quoi exactement ?

Deleuze : Ils résistent d’abord aux entraînements et aux vœux de l’opinion courante, c’est à dire à tout ce domaine d’interrogations imbéciles. Ils ont vraiment la force d’exiger leur rythme à eux, on ne leur fera pas lâcher n’importe quoi dans des conditions prématurées, tout comme on ne bousculera pas un artiste, personne n’a le droit de bousculer un artiste. Que créer ce soit résister, je crois… Il y a un auteur que j’ai lu récemment qui me frappe beaucoup à cet égard, je crois qu’un des motifs de l’art et de la pensée c’est une certaine “honte d’être un homme”. Je crois que l’homme, l’artiste, l’écrivain qui l’a dit le plus profondément c’est Primo Levi. Il dit: “quand j’ai été libéré ce qui dominait c’était la honte d’être un homme”. Alors c’est une phrase à la fois très splendide, très belle, mais ce n’est pas abstrait, c’est très très concret la honte d’être un homme. Mais elle ne veut pas dire les bêtises que l’on risque de lui faire dire : ça ne veut pas dire que nous sommes tous des assassins, ou ça ne veut pas dire que nous sommes tous coupables, par exemple que nous sommes tous coupables face au nazisme. Primo Levi le dit admirablement, cela ne veut pas dire que les bourreaux et les victimes soient les mêmes, ça, on ne nous fera pas croire ça. Il y a beaucoup de gens qui nous racontent que nous sommes tous coupables; mais non non non, rien du tout. On ne me fera pas confondre le bourreau et la victime. Moi je crois que, à la base de l’art, il y a cette idée ou ce sentiment très vif: une certaine honte d’être un homme qui fait que l’art consiste à libérer la vie que l’homme a emprisonnée. L’homme ne cesse pas d’emprisonner la vie, il ne cesse pas tuer la vie. L’artiste c’est celui que libère une vie, une vie puissante, une vie plus que personnelle. Ce n’est pas “sa” vie. Libérer la vie, libérer la vie des prisons que l’homme… et c’est ça résister… c’est ça résister…

read more »

4 Novembre, 2015

Gilles Deleuze, J comme joie

by gabriella

In questa conversazione, inclusa nell’Abécédaire de Gilles Deleuze, la gioia è interpretata, spinozianamente, come realizzazione, pienezza, potenza, da non confondere con il potere che, per definizione, si oppone ad ogni realizzazione ed è dunque malevolo – forse per natura.

Non esiste “potenza” cattiva – osserva Deleuze -, se è cattiva è il più basso grado di potenza e il più basso grado della potenza è il potere. Cos’è infatti la cattiveria? E’ impedire a qualcuno di fare ciò che può, di realizzare la sua “potenza”, così non c’è potenza cattiva, ci sono cattivi poteri – «il n’y a pas puissance mauvaise, il y a pouvoirs méchants» [3:05-3:36] -.

In questo senso, già in Spinoza, la gioia è resistenza, opposta all’impotenza e alle odierne passioni tristi.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=9UeYEzSaUOA&feature=related]

Evitiamo le passioni tristi: la rassegnazione, la cattiva coscienza, i sensi di colpa, tutti i sentimenti tristi – dice l’intervistatrice – e viviamo con la gioia al massimo della nostra potenza.

Dopo aver definito la potenza, Deleuze si chiede cos’è allora la tristezza, rispondendo che la tristezza è il separarsi da una potenza, una capacità di cui, a torto o a ragione, mi credevo capace. “Avrei potuto fare questo ma .. le circostanze .. o non era permesso..”. Allora questa è tristezza: bisognerebbe dire – nietzscheanamente – che ogni tristezza è un nostro difetto di potere. Non esiste “potenza” cattiva – osserva quindi Deleuze -, se è cattiva è il più basso grado di potenza e il più basso grado della potenza è il potere. Cos’è infatti la cattiveria? E’ impedire a qualcuno di fare ciò che può, di realizzare la sua “potenza”, così non c’è potenza cattiva, ci sono cattivi poteri. La confusione tra potenza e potere è rovinosa perché il potere separa sempre, la gente, ogni cosa. Il potere separa la gente da ciò che essa può.

4 Novembre, 2015

L’Abécédaire de Gilles Deleuze

by gabriella

Deleuze a VincennesLe immagini di Deleuze tra i suoi allievi a Vincennes (Paris 8) scorrono sulle note di Quand je serai K.O (Alain Souchon), a ricordare il patto del filosofo con Claire Parnet, l’intervistatrice, sua ex-allieva, che impegnò a pubblicare la ripresa (1988) solo dopo la sua morte, avvenuta il 4 novembre 1995.

Davanti alla richiesta, per lui inconcepibile, di commentare una lista di parole senza aver adeguatamente riflettuto, Deleuze ironizza: “ciò che mi salva è la clausola”, 

“[…] mi sento così ridotto – come puoi immaginare – allo stato di puro spirito, di mero archivio di Pierre- André Boutang (il regista), di foglio di carta e questo mi conforta, mi consola molto. E quasi allo stato di puro spirito, io parlo dopo la mia morte. E’ noto, se si è fatto delle sedute spiritiche, che un puro spirito, non è qualcuno che dà delle risposte molto profonde o molto intelligenti ..”.

Gilles è insomma uno “spirito” paradossale che, non credendo ad alcuna dimensione ultraterrena, espone liberamente e si deresponsabilizza sia verso le proprie parole che verso il proprio lascito. Si tratta, per questo, di una ripresa avvincente, a tratti folgorante, spiritosa e commovente (come il sorriso luminoso del filosofo, gravemente malato, giunto alla fine della sua fatica, alla lettera Z).

A – C

3:20 A comme Animal; 23:40 B comme Boisson; C comme Culture 35:24

A proposito di animali, segni e territorio:

la filosofia ha bisogno di inventare un termine nuovo, barbaro per rendere conto di una nozione con pretese innovative. La nozione con pretese nuove è che non c’è territorio senza uno strumento d’uscita dal territorio e che non c’è strumento d’uscita dal territorio, cioè deterritorializzazione, senza uno sforzo per reterritorializzare se stessi altrove.

Gli animali domestici sono espressamente “sopportati” da Deleuze che dei gatti non tollera il loro strofinarsi continuo conro di noi (“non amo chi si strofina, in generale”) e dei cani l’abbaiare (“decisamente meglio l’ululare alla luna, sempre che non si prolunghi troppo”). Insomma, ciò che Deleuze non perdona agli animali domestici è proprio il loro essere “familiari”, mentre si dichiara vicino a qualcosa che è nell’animale non addomesticato. Ciò che è importante è d’“avere un rapporto animale con l’animale“, non un rapporto umano con esso. Da questo punto di vista, perfino i cacciatori (che non ama) hanno un rapporto con gli animali preferibile a quelli che li trattano in modo “umano”. Ciò che gli ripugna degli animali domestici è così proprio ciò che lo affascina in quelli selvatici.

 

D – F

D comme Désir x; E comme Enfance; F comme Fidélité

G – F

G comme Gauche;: H comme Histoire de la philosophie; I comme Idée; J comme Joie; K comme Kant; L comme Littérature

M – Z

M comme Maladie; N comme Neurologie; O comme Opéra (musique); P comme Professeur; Q comme Question; R comme Résistance; S comme Style; T comme Tennis; U comme Un; V comme Voyage; W comme Ludwig Wittgenstein; X et Y comme Inconnues; Z comme Zigzag

4 Novembre, 2015

Gilles Deleuze, C come culture. H comme Histoire de la philosophie

by gabriella

La critica (classicamente filosofica) della cultura e la storia della filosofia per Gilles Deleuze, tratte dall’intervista pubblicata postuma come Abécédaire Gilles Deleuze.

28 Ottobre, 2015

Michel Foucault, Discorso e verità. La problematizzazione della parresia

by gabriella
Michel Foucault (1926-1984)

Michel Foucault (1926-1984)

Nel corso tenuto a Berkley nell’autunno 1983, sei mesi prima di morire, Foucault si propose di indagare la nascita dell’attitudine critica in Occidente e la genealogia del soggetto e delle moderne forme di condotta occidentale. Nel tracciare la storia della libertà di parola nel mondo antico, Foucault indagò non il modo in cui l’idea o la pratica sono emerse, si sono affermate o diffuse, ma il modo in cui sono diventate un problema, staccandosi dalla normalità o familiarità di cui erano circondate in  precedenza – da questo punto di vista, ogni problematizzazione si riferisce a fenomeni esistenti, ma considerati ovvi, dunque non esaminati prima.

Nel primo di questi sei seminari californiani, Foucault definì la parresia, il parlar franco o capacità di dire la verità e l’evoluzione del termine. Si rivolse poi all’idea di parresia nelle tragedie di Euripide ed evidenziò come la crisi delle istituzioni democratiche avesse cambiato il significato del termine, originariamente diritto di critica dei cittadini liberi e uguali – in quanto maschi e proprietari – legandolo progressivamente alle qualità etico-morali di chi la esercitava (il parresiastes) e di chi la subiva (il re). Dedicò infine l’ultimo seminario all’epimeleia eautou, la cura di sé, prassi caratterizzata da uno specifico rapporto con la verità attraverso la franchezza, con se stessi attraverso il pericolo, con gli altri attraverso la critica e con la legge morale attraverso la libertà e il dovere.

read more »

23 Ottobre, 2015

Kant, Progetto per una pace perpetua

by gabriella
kant anziano

Immanuel Kant (1724 – 1804)

Secondo articolo definitivo per la pace perpetua: Il diritto internazionale deve fondarsi su una federazione di stati liberi [I. Kant, Progetto per una pace perpetua, BUR, 1968, pp. 36-40].

I popoli, quali stati, possono venir considerati come singoli individui, che nelle loro condizioni di natura (cioè nell’indipendenza da leggi esterne) si ledono già per la loro vicinanza e ognuno dei quali, per la propria sicurezza, può e deve pretendere dall’altro di entrare con lui in una costituzione simile alla civile, nella quale ad ognuno possa venire assicurato il proprio diritto. Ciò sarebbe una lega di popoli, ma non dovrebbe essere uno stato di popoli.

read more »

Tags: ,
19 Ottobre, 2015

Erri De Luca, Ciò che è costituzionale si misura al pianoterra della società

by gabriella


deluca1

17 Ottobre, 2015

Carlo Michelstaedter, Il peso. Dialogo della salute

by gabriella
Carlo Michelstaedter (1887 - 1910)

Carlo Michelstaedter (1887 – 1910)

Goriziano, poeta e straordinario disegnatore, Carlo Michelstaedter si iscrisse alla facoltà di filosofia di Firenze, dopo aver scartato gli studi di matematica verso i quali si era orientato in un primo momento. Là preparò la tesi di laurea sui concetti platonici di persuasione e rettorica, senza trovare il coraggio di discuterla, immaginando che una discussione autentica, priva dei riferimenti di circostanza – sebbene il testo si confrontasse in greco con i classici – non avrebbe potuto essere accettata. Si uccise a ventitré anni, dopo aver completato La persuasione e la rettorica [Milano, Adelphi, 1982].

Al suo lavoro ho dedicato la tesi di laurea. Durante la preparazione passai alcuni giorni alla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia per consultare i suoi inediti e dopo la laurea presi il passaporto per passare il confine sloveno e andare a trovare la sua tomba, ora a Nova Goriza. Là, nessuno sapeva indicarmi dove fosse il cimitero Rožna dolina finché, gettando lo sguardo giù dal ponte che stavo attraversando vidi delle pietre bianche spezzate tra due alti cipressi. Mi ricordai allora che il padre di Carlo aveva piantato quei due alberi sulle tombe dei figli, morti a breve distanza l’uno dall’altro, ad indicare le vette spirituali raggiunte da loro in vita.

rozna dolina com'era

Rožna dolina in quel febbraio 1985

Scesi di corsa e saltato il muro, entrai nel cimitero ebraico abbandonato. Trovai la tomba, con la lapide inclinata, in uno spazio libero dalle erbe selvatiche e dai rovi, sotto il cipresso.  Non so se, da allora, qualcosa è stato fatto per ridare alla sua memoria lo spazio che merita.

 

Il peso [il testo introduttivo de La persuasione e la rettorica]

Un peso pende ad un gancio, e per pender soffre che non può scendere: non può uscire dal gancio; poiché quant’è peso pende, e quanto pende dipende. Lo vogliamo soddisfare: lo liberiamo dalla sua dipendenza. Lo lasciamo andare, che sazi la sua fame del più basso, e scenda indipendente fino a che sia contento di scendere. Ma in nessun punto raggiunto fermarsi lo accontenta, e vuole pur scendere, ché il prossimo punto supera in bassezza quello che essa ogni volta tenga.

read more »

28 Settembre, 2015

Giorgio Agamben, Sulla difficoltà di leggere

by gabriella

Jheronimus_Bosch_Table_of_the_Mortal_Sins__AccidiaIl testo seguente, anticipato da Alphabeta2, è tratto dalla raccolta di saggi Il fuoco e il racconto, appena pubblicata da Nottetempo. Si tratta della trascrizione dell’intervento presentato alla tavola rotonda Leggere è un rischio durante la Fiera della piccola e media editoria di Roma, nel dicembre 2012.

Vorrei parlarvi non della lettura e dei rischi che essa comporta, ma di un rischio che è ancora piú a monte, cioè della difficoltà o dell’impossibilità di leggere; vorrei provare a parlarvi non della lettura, ma dell’illeggibilità.

Ciascuno di voi avrà fatto esperienza di quei momenti in cui vorremmo leggere, ma non ci riusciamo, in cui ci ostiniamo a sfogliare le pagine di un libro, ma esso ci cade letteralmente dalle mani. Nei trattati sulla vita dei monaci, questo era anzi il rischio per eccellenza cui il monaco soccombeva: l’accidia, il demone meridiano, la tentazione più terribile che minaccia gli homines religiosi si manifesta innanzitutto nell’impossibilità di leggere.

Ecco la descrizione che ne dà san Nilo:

Quando il monaco accidioso prova a leggere, s’interrompe inquieto e, un minuto dopo, scivola nel sonno; si sfrega la faccia con le mani, distende le dita e va avanti a leggere per qualche riga, ribalbettando la fine di ogni parola che legge; e, intanto, si riempie la testa con calcoli oziosi, conta il numero delle pagine che gli rimangono da leggere e i fogli dei quaderni e gli vengono in odio le lettere e le belle miniature che ha davanti agli occhi finché, da ultimo, richiude il libro e lo usa come un cuscino per la sua testa, cadendo in un sonno breve e profondo.

La salute dell’anima coincide qui con la leggibilità del libro (che è anche, per il Medioevo, il libro del mondo), il peccato con l’impossibilità di leggere, col diventare illeggibile del mondo. Simone Weil parlava, in questo senso, di una lettura del mondo e di una non lettura, di un’opacità che resiste a ogni interpretazione e ogni ermeneutica. Vorrei suggerirvi di fare attenzione ai vostri momenti di non lettura e di opacità, quando il libro del mondo vi cade dalle mani, perché l’impossibilità di leggere vi riguarda quanto la lettura ed è forse altrettanto e più istruttiva di questa.

read more »


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: