Archive for ‘Filosofia’

20 Agosto, 2011

Emanuele Severino, La filosofia nasce grande

by gabriella
nascita di Athena

Atena nasce già adulta e armata di tutto punto dalla testa del padre Zeus

Tratto da La filosofia antica, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 17-19.

La filosofia nasce grande. I primi passi della sua storia non sono cioè l’incerto preambolo a un più maturo sviluppo del pensiero, ma stabiliscono i tratti fondamentali del suo intero decorso storico.

Per decine e decine di millenni, l’esistenza dell’uomo  – globalmente e in ogni suo singolo aspetto – è guidata dal mito. Il mito non intende essere un’invenzione fantastica, bensì la rivelazione del senso essenziale e complessivo del mondo. Anche nella lingua greca il significato più antico della parola mythos è “parola”, “sentenza”, “annunzio”; a volte mythos significa persino “la cosa stessa”, la “realtà”. Solo in modo derivato e più tardo, nella lingua greca mythos indica “leggenda” , la “favola”, il “mito”.

Ma il mito arcaico è sempre collegato al sacrificio, cioè all’atto col quale l’uomo si conquista il favore degli dèi e delle forze supreme che, secondo la rivelazione del mito, regnano nell’universo. Il sacrificio può essere cruento, oppure del tutto incruento, come nelle pratiche ascetiche dello Yoga; ma in ogni caso il suo intento è di identificarsi e di dominare ciò che nel  mito appare come la potenza suprema.

Per la prima volta nella storia dell’uomo, i primi pensatori greci escono dall’esistenza guidata del mito e la guardano in faccia. Nel loro sguardo c’è qualcosa di assolutamente nuovo. Appare cioè l’idea di un sapere che sia innegabile, e sia innegabile non perché le società e gli individui abbiano fede in esso, o vivano senza dubitare di esso, ma perché esso stesso è capace di respingere ogni suo avversario. L’idea di un sapere che non può essere negato né da uomini, né da dèi, né da mutamenti dei tempi e dei costumi. Un sapere assoluto, definitivo, incontrovertibile, necessario, indubitabile.

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12 Agosto, 2011

Guy Debord, La società dello spettacolo

by gabriella

Un estratto del film del 1973 ispirato a La società dello spettacolo (La société du spectacle, 1967), La Prefazione scritta da Debord per la quarta edizione italiana e il primo capitolo.

Nel video, che ho sottotitolato in italiano, Debord illustra le caratteristiche dello spettacolare diffuso e concentrato, concludendo con importanti osservazioni sul senso delle mode e sul turismo.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=7b5tfDLnRgE]

Nella Prefazione che Debord ha scritto per la quarta edizione italiana de La società dello spettacolo (1979) e nel primo capitolo sono contenuti i concetti fondamentali dell’opera (seguono entrambi). Anticipo la frase con cui Debord chiude la Prefazione: “I giorni di questa società sono contati; le sue ragioni e i suoi meriti sono stati pesati e trovati leggeri; i suoi abitanti si sono divisi in due partiti, uno dei quali vuole che essa scompaia”.

Traduzioni di questo libro, pubblicato a Parigi verso la fine del 1967, sono già apparse in una decina di paesi; e spesso diverse ne sono state prodotte nella stessa lingua, da editori in concorrenza; e quasi sempre sono cattive traduzioni. Le prime sono state dappertutto infedeli e scorrette, tranne che in Portogallo e, forse, in Danimarca. Le traduzioni pubblicate in olandese e in tedesco sono buone a partire dal secondo tentativo, per quanto l’editore tedesco abbia trascurato, in questo secondo caso, di correggere una mole di errori di stampa. In inglese e in spagnolo, bisogna aspettare la terza edizione per sapere cosa ho scritto.

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21 Luglio, 2011

Adriano sulla lingua e la cultura greca

by gabriella

Tratto da: M. Yourcenar, Memorie di Adriano, Torino, Einaudi, 2002, p. 34.

Fino alla fine dei miei giorni sarò grato a Scauro per avermi costretto a studiare il greco per tempo. Ero ancora bambino quando tentai per la prima volta di tracciare con lo stilo quei caratteri di un alfabeto a me ignoto: cominciava per me la grande migrazione, i lungi viaggi, e il senso di una scelta deliberata e involontaria quanto quella dell’amore.

Ho amato quella lingua per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario della realtà, l’ho amata perchè quasi tutto quello che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco. […]

Dai tiranni jonici ai demagoghi ateniesi, dalla pura austerità di Agesilao agli eccessi di Dionigi o di Demetrio, dal tradimento di Dimarate alla fedeltà di Filopemene,  tutto quel che ciascuno di noi può tentare per nuocere ai suoi simili o per giovar loro è già stato fatto da un greco.

Altettanto avviene delle nostre scelte interiori: dal cinismo all’idealismo, dallo scetticismo di Pirrone ai sogni sacri di Pitagora, i nostri rifiuti, i nostri consensi non facciamo che ripeterli; i nostri vizi, le nostre virtù hanno modelli greci.

La bellezza d’un iscrizione latina, votiva o funeraria non ha pari: quelle poche parole incise sulla pietra riassumono con maestà impersonale tutto quel che il mondo ha bisogno di sapere sul conto nostro. L’impero, l’ho governato in latino; in latino sarà inciso il mio epitaffio, sulle mura del mausoleo in riva al Tevere; ma in greco ho pensato, in greco ho vissuto.

14 Luglio, 2011

Remo Bodei, Socrate, il filosofo e la città

by gabriella

Socrate

Che io possa essere visto come un dono del dio alla città, potrete dedurlo anche dal fatto quasi inumano che ho trascurato tutti i miei interessi e ormai da tanti anni lascio che vengano trascurati gli affari di casa mia, mentre da sempre mi occupo dei vostri, avvicinandovi singolarmente per indurvi, come un padre o un fratello maggiore, a coltivare la virtù.

Se guadagnassi qualcosa, elargendo i miei consigli dietro ricompensa, sarebbe comprensibile: ma potete constatare voi stessi che i miei accusatori, in generale, così spudorati nelle loro accuse, non hanno potuto permettersi l’impudenza di produrre un solo testimone del fatto che abbia mai ricevuto o preteso compensi.

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13 Luglio, 2011

Alberto Burgio, Vladimiro Giacché, Scusi, ma quello non è il capitalismo?

by gabriella

In questi giorni è di gran moda tributare onori al vecchio Marx. La crisi del capitalismo incoraggia le palinodie. Ancora ieri era un reperto fossile, oggi è la mascotte di banchieri e economisti di radicata (e in realtà incrollabile) fede liberista. Lasciamo andare ogni considerazione sulla scarsa decenza di tanti improvvisi ripensamenti. Proviamo piuttosto a divertirci un po’ immaginando lo spasso che procurerebbero a Marx tutti questi discorsi e quanto sta accadendo in queste turbolente settimane. A Marx e non soltanto a lui.

C’è un altro grande vecchio, di cui nessuno parla, che si sta godendo una tardiva ma non imprevista rivincita. Un vecchio molto caro all’autore del Capitale. Insomma, questa crisi è un momento di riscatto anche per Hegel, il grande maestro di Marx. Attenti a quei due.

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10 Luglio, 2011

Memorie di Adriano sull’appartenenza, la scuola, i libri

by gabriella

Il volto dell’imperatore Adriano ornato della barba da greco con cui la storia lo ricorda. Tratto da M. Yourcenar, Memorie di Adriano, Torino, Einaudi, 2002, pp. 32

La convenzione ufficiale vuole che un imperatore romano sia nato a Roma, ma io sono nato a Italica; a quel paese arido e tuttavia fertile ho sovrapposto in seguito tante regioni del mondo. La convenzione ha del buono: dimostra che le decisioni dello spirito e della volontà hanno la meglio sulle circostanze. Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri.

In minor misura le scuole. Quelle di Spagna risentivano dell’ozio della provincia. La scuola di Terenzio Scauro, a Roma, faceva conoscere mediocremente filosofi e poeti, ma preparava abbastanza bene alle vicissitudini della vita: i maestri esercitavano sugli allievi una tirannia che io arrossirei di imporre agli uomini; ciascuno nei limiti angusti del proprio sapere, disprezzava i colleghi, i quali possedevano, con identica ristrettezza, nozioni diverse. Quei pedanti si facevano rauchi a furia di vane logomachie.  Conflitti di precedenze, intrighi e calunnie m’hanno abituato a ciò che in seguito avrei incontrato in tutti gli ambienti nei quali ho vissuto; vi si aggiungeva la brutalità dell’infanzia.

Purtuttavia ho voluto bene ad alcuni dei miei maestri, mi sono stati cari quei rapporti stranamente intimi e stranamente evasivi che si stabiliscono tra insegnante e alunno, e le Sirene che cantano in fondo a una voce chioccia quando vi rivela per la prima volta un capolavoro o vi palesa un’idea nuova: il più grande seduttore, in fin dei conti, non è Alcibiade, è Socrate.

I metodi dei grammatici e dei retori, forse sono meno assurdi di quel che mi apparissero allorché vi ero sottoposto. La grammatica, con quella mescolanza di regole logiche e di usi arbitrari, fa pregustare ai giovani quel che gli offriranno in seguito le dottrine riguardanti la condotta umana, il diritto o la morale, tutti sistemi nei quali l’uomo ha codificato la sua esperienza istintiva.

7 Luglio, 2011

L’antiessenzialismo di Adriano: l’identità occasionale del filosofo. L’ellenismo adrianeo

by gabriella

Tratto da M. Yourcenar, Memorie di Adriano, Torino, Einaudi, 2002, pp. 24-25.

Quando prendo in esame la mia vita, mi spaventa di trovarla informe. L’esistenza degli eroi, quella che ci raccontano, è semplice: va diritta al suo scopo come una freccia. E gli uomini, per lo più, si compiacciono di riassumere la propria esistenza in una formula – talvolta un’ostentazione, talvolta una lamentela, quasi sempre una recriminazione; la memoria compiaciente compone loro un’esistenza chiara, spiegabile.

La mia vita ha contorni meno netti. Come spesso accade, la definisce con maggiore esattezza proprio quello che non sono stato: buon soldato, non grande uomo di guerra, amatore d’arte, non artista come credette d’essere Nerone alla sua morte; capace di delitti, non carico di delitti. Mi vien fatto di riflettere che i grandi uomini emergono proprio in virtù di un atteggiamento estremo, e che il loro eroismo consiste nel mantenervisi per tutta la vita: essi sono i nostri poli, o i nosti antipodi. Io ho occupato volta a volta tutte le posizioni estreme, ma non vi sono rimasto: la vita me ne ha fatto sempre slittare.

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6 Luglio, 2011

Paolo Virno, Antropologia e teoria delle istituzioni

by gabriella

Non vi è indagine sulla natura umana che non porti con sé, come un passeggero clandestino, almeno l’abozzo di una teoria delle istituzioni politiche. L’analisi degli istinti e delle pulsioni della nostra specie contiene sempre un giudizio sulla legittimità del Ministero degli Interni. E viceversa: non vi è teoria delle istituzioni politiche degna di questo nome che non adotti, quale suo celato presupposto, l’una o l’altra rappresentazione dei tratti che distinguono l’Homo sapiens dalle altre specie animali. Per tenersi a un esempio liceale, poco si comprende del Leviatano di Hobbes se si trascura il suo De homine.

Il nesso tra riflessione antropologica e teoria delle istituzioni è stato formulato con grande schiettezza da Carl Schmitt nel settimo capitolo del suo Il concetto del ‘politico’ . Egli scrive:

Si potrebbe analizzare tutte le teorie dello Stato e le idee politiche in base alla loro antropologia, suddividendole a seconda che esse presuppongano, consapevolmente o inconsapevolmente, un uomo “cattivo per una natura” o “buono per natura”. […] Nell’anarchismo dichiarato è immediatamente chiara la stretta connessione esistente tra la fede nella “bontà naturale” e la negazione radicale dello Stato: l’una consegue all’altra ed entrambe si sorreggono a vicenda. […] Il radicalismo ostile allo Stato cresce in misura uguale alla fiducia nella bontà radicale della natura umana. […]

Se l’uomo fosse un animale mite, votato all’intesa e al reciproco riconoscimento, non vi sarebbe necessità alcuna di istituzioni disciplinanti e coercitive. La critica dello Stato, sviluppata da anarchici e comunisti, trae alimento, secondo Schmitt, dall’idea pregiudiziale di una “bontà naturale” della nostra specie. Se però, come tutto lascia credere, l’Homo sapiens è un animale pericoloso, instabile e (auto)distruttivo, sembra inevitabile, per tenerlo a freno, la formazione di un “corpo politico unitario” che eserciti, parole di Schmitt, un incondizionato “monopolio della decisione politica”.

Credo che bisogna confutare alla radice la tesi di Schmitt. A mio giudizio, la rischiosa instabilità dell’animale umano – il cosiddetto male, insomma – non implica affatto la formazione e il mantenimento della sovranità statale. Al contrario. Il “radicalismo ostile allo Stato” e al modo di produzione capitalistico, lungi dal presupporre l’innata mitezza della nostra specie, può trovare il suo autentico piedistallo nel pieno riconoscimento dell’indole “problematica”, cioè indefinita e potenziale (dunque anche pericolosa), dell’animale umano. La critica del “monopolio della decisione politica”, e in genere di istituzioni le cui regole funzionino come una coazione a ripetere, deve poggiare proprio sulla constatazione che l’uomo è “cattivo per natura”.

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6 Luglio, 2011

Luigi Cavallaro, La società degli individui

by gabriella
Thomas Hobbes

Thomas Hobbes

Auguste Comte

Auguste Comte

La spinta alla cooperazione nasce da un interesse egoistico. Per questo bisogna prendere le distanze da una metodologia di indagine della realtà che rimuove la centralità dell’individuo nella costruzione dei legami sociali. E’ quanto sostiene Giovanni Jervis nel suo ultimo libro «Individualismo e cooperazione». Ma così facendo l’autore cancella il carattere storico degli stessi concetti. Tratto da Il Manifesto, 27 febbraio 2003.

E’ stata la teoria dei giochi a fornire a biologi e psicologi la «cassetta degli attrezzi» necessaria per stilizzare le forme più semplici della competizione e della cooperazione. Il rapporto tra individui è da allora visto come il confronto tra «razionalità limitate» alla ricerca della migliore strategia per affrontare una situazione «incerta».

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6 Luglio, 2011

Augusto Illuminati, Il saper fare che cancella il comando e l’obbedienza

by gabriella

La recensione di Illuminati a Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza di Gilles Deleuze uscita su deleuzeIl Manifesto del 24 novembre 2007. Ho linkato al testo le lezioni di Deleuze, reperibili dal portale WebDeleuze.com anche nella traduzione italiana.

Dal punto di vista autoriale e proprietario incerto è lo statuto di questo Cosa può un corpo? Lezioni su Spinoza di Gilles Deleuze, curato e prefato da Aldo Pardi per Ombre Corte (pp. 202, euro 18,50) – versione italiana della sbobinatura, reperibile in rete (www.webdeleuze.com), delle lezioni dedicate a Spinoza (gennaio 1978; novembre 1980-marzo 1981) – ma che meraviglia di immediatezza filosofica e di efficacia didattica.

Naturalmente viene spontaneo raffrontarla con i grandi testi consacrati negli anni ’60 dallo stesso Deleuze all’Olandese nonché al complementare Nietzsche. Qui è più evidente per un verso il confronto con la tradizione accademica più innovativa (Martial Gueroult e Ferdinand Alquié), per l’altro un corpo a corpo con il testo che consente una trasmissione impagabile al pubblico, con un’esplicita traduzione esistenziale e politica dei luoghi più astratti dell’ontologia, anzi con l’assunzione tutta politica della dimensione ontologica.

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