Posts tagged ‘educazione’

4 Marzo, 2018

Cornelius Castoriadis, L’invenzione greca della democrazia diretta

by gabriella

Cornelius Castoriadis spiega la logica e il funzionamento della democrazia greca, là dove il popolo è lo stato e le magistrature sono elette, ma i rappresentanti sono estratti a sorte e sottoposti a rigorosa rotazione. Lo fa ponendola magistralmente a confronto con le post-democrazie moderne, ormai oligarchie liberali [qui video e testo con sottotitoli in italiano].

Dopo il video dell’intervista filmata nel 1989 da Chris Marker per la Sept (la futura Arte France) – incluso nella serie L’héritage de la chouette – una scelta di passi significativi tradotti dall’originale francese, disponibile su mediapart.fr.

Ce n’est que le peuple qui doit vivre sous ses lois qui peut décider quelles sont les meilleures.

Solo il popolo che deve vivere sotto le sue leggi può decidere quali siano  le migliori.

 


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25 Settembre, 2017

Margaret Mead, La prima educazione e la formazione del carattere presso gli Arapesh

by gabriella

Tratto da Margaret Mead, Sesso e temperamento, 1935.

Come viene modellato il bambino arapesh in quella persona accomodante, gentile, ricettiva che è l’Arapesh adulto? Quali sono i fattori determi­nanti della prima educazione infantile, cui si deve se il ragazzo crescerà tranquillo e soddisfatto, non aggressivo e non incline a prendere l’iniziativa, incapace di sentire lo stimolo della concorrenza e invece pronto a capire e a corrispondere, ricco di calore umano, docile e fiducioso? È vero che io in qualsiasi società semplice e omogenea i bam­bini riveleranno da adulti gli stessi tratti generali di carattere di cui i genitori avranno dato loro il modello. Però non si tratta di imitazione. C’è un rapporto più sottile e preciso fra il modo in cui il bambino viene nutrito, messo a dormire, discipli­nato, educato all’autocontrollo, vezzeggiato, puni­to e incoraggiato, e la formazione del suo caratte­re di adulto.

In qualsiasi società, presso qualsiasi popolo, il modo come uomini e donne trattano i loro bambini è una delle cose più significative nella formazione della personalità dell’adulto, ed è anche uno dei punti sui quali si manifestano più acutamente i contrasti tra i sessi. Possiamo com­prendere gli Arapesh, e il temperamento caldo e materno tanto degli uomini quanto delle donne, soltanto se ci rendiamo conto della loro esperien­za infantile e di quella che a loro volta fanno vivere ai figli.

Nei primi mesi il bambino non è mai lontano dalle braccia di qualcuno. Andando in giro, la ma­dre lo porta o sul dorso, in un sacco di rete specia­le sostenuto dalla fronte, o sospeso sotto uno dei due seni in una specie di bilancia di scorza d’albe­ro intrecciata. Il secondo è il costume delle popolazioni della costa, il primo delle popolazioni delle pianure; le donne della montagna usano l’uno o l’altro, generalmente a seconda delle condizioni di salute del bambino. […] Allattato ogni volta che piange, tenuto sempre vicino a qualche donna che possa, all’occorrenza, dargli il suo seno, messo a dormire di solito a contatto con il corpo materno, portato col sacco di rete sul dorso o tenuto ran­nicchiato fra le braccia oppure in grembo, se la madre siede a cucinare o a fare lavori di intreccio, il bambino gode costantemente di una sensazione di calore e di sicurezza. […]

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6 Maggio, 2016

Cornelius Castoriadis, L’individuo privatizzato. Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto.

by gabriella

kastoriadisNei due testi che seguono, L’individu privatisé  – un intervento tenuto dal filosofo alcuni mesi prima di morire [qui il sito a lui dedicato] – e Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto – intervista rilasciata a Sergio Benvenuto il 7 maggio 1994, Castoriadis illustra i concetti di autonomia, libertà e democrazia alla luce del compito emancipativo del soggetto assegnato da Freud alla psicanalisi – e dai greci alla paideia.

 

L’individuo privatizzato [Tolosa, 22 marzo 1997]

La filosofia non è tale quando non esprime un pensiero autonomo. Cosa significa autonomo? Il termine “autos- nomos”,“che si dà la sua propria legge”, ha in filosofia un significato chiaro: darsi la propria legge vuol dire porre domande, e non accettare nessuna autorità; neppure quella del proprio pensiero anteriore.

Ma qui tocchiamo un punto dolente, poiché quasi sempre i filosofi costruiscono sistemi chiusi come un uovo (si veda Spinoza, si veda soprattutto Hegel, e in qualche misura anche Aristotele), o restano attaccati a talune forme che hanno creato, e che non riescono a rimettere in questione. Gli esempi contrari sono pochi: uno è Platone; un altro, anche se nel campo della psicanalisi e non della filosofia, è Freud. L’autonomia del pensiero è l’interrogazione illimitata, che non si ferma davanti a nulla e rimette costantemente in discussione se stessa. Non è però un’interrogazione vuota, che non avrebbe alcun significato: perché abbia un senso, occorre aver già posto un certo numero di termini come provvisoriamente incontestabili; altrimenti quel che rimane non è un’interrogazione filosofica, ma un semplice punto interrogativo. L’interrogazione filosofica è articolata, salvo a riconsiderare gli stessi termini a partire dai quali si è articolata.

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5 Maggio, 2016

Aristotele, Protreptico

by gabriella

aristotele

Raccolgo i passi più significativi dell’Esortazione alla filosofia di Aristotele – nell’edizione curata da Diego Fusaro – con uno stralcio del saggio introduttivo dedicato all’opera da Enrico Berti [E. Berti, Protreptico, Torino, UTET, 2008, pp. XXIII-XVIII].

Se si deve filosofare, si deve filosofare e se non si deve filosofare, si deve filosofare; in ogni caso dunque si deve filosofare. Se infatti la filosofia esiste, siamo certamente tenuti a filosofare, dal momento che essa esiste; se invece non esiste, anche in questo caso siamo tenuti a cercare come mai la filosofia non esiste, e cercando facciamo filosofia, dal momento che la ricerca è la causa e l’origine della filosofia.

Aristotele, Protreptico

Indice

1. L’Accademia contro i retori: la risposta del Protreptikos all’Antidosis
2. Il Protrettico

Nell’anno 353 a.C. Isocrate scrisse un’orazione intitolata Antidosis, che significa “scambio”, perché in essa, a riprova della sua innocenza dall’accusa di essersi arricchito illecitamente, il famoso retore si dichiarava disposto a scambiare tutti i suoi beni con quelli dei  suoi accusatori.

In essa egli fece l’apologia di tutta la propria vita, rispondendo anche alla polemica condotta contro di lui dagli Accademici [Antidosis, 258]. A costoro si riferiscono infatti inequivocabilmente alcuni paragrafi dell’Antidosis, in cui Isocrate allude a certi ferventi dell’eristica che calunniavano i discorsi comuni e utili, non ignorando il valore di essi né quanto rapidamente essi giovino a chi li usa, ma sperando così di rendere più stimabili i propri [Antidosis, 258].

Nella denominazione di eristi, Isocrate accomuna tutti i socratici, noti per le loro discussioni dialettiche, ma tra essi distingue i platonici, che disprezzano il valore dei discorsi utili e tuttavia conoscono il valore della retorica. Da questi Isocrate dichiara di essere stato attaccato aspramente [Antidosis, 259-60] – accennando sicuramente all’esordio del corso di retorica tenuto da Aristotele:

«è turpe tacere e lasciare che parli Isocrate».

[Aristotele aveva peraltro tacciato di servilismo lo scritto isocrateo dedicato a Grillo, figlio di Senofonte, in occasione della morte in battaglia del giovane nel 362. NDR.] e a lui risponde mediante una valutazione critica della paideia accademica.

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28 Ottobre, 2015

Michel Foucault, Discorso e verità. La problematizzazione della parresia

by gabriella
Michel Foucault (1926-1984)

Michel Foucault (1926-1984)

Nel corso tenuto a Berkley nell’autunno 1983, sei mesi prima di morire, Foucault si propose di indagare la nascita dell’attitudine critica in Occidente e la genealogia del soggetto e delle moderne forme di condotta occidentale. Nel tracciare la storia della libertà di parola nel mondo antico, Foucault indagò non il modo in cui l’idea o la pratica sono emerse, si sono affermate o diffuse, ma il modo in cui sono diventate un problema, staccandosi dalla normalità o familiarità di cui erano circondate in  precedenza – da questo punto di vista, ogni problematizzazione si riferisce a fenomeni esistenti, ma considerati ovvi, dunque non esaminati prima.

Nel primo di questi sei seminari californiani, Foucault definì la parresia, il parlar franco o capacità di dire la verità e l’evoluzione del termine. Si rivolse poi all’idea di parresia nelle tragedie di Euripide ed evidenziò come la crisi delle istituzioni democratiche avesse cambiato il significato del termine, originariamente diritto di critica dei cittadini liberi e uguali – in quanto maschi e proprietari – legandolo progressivamente alle qualità etico-morali di chi la esercitava (il parresiastes) e di chi la subiva (il re). Dedicò infine l’ultimo seminario all’epimeleia eautou, la cura di sé, prassi caratterizzata da uno specifico rapporto con la verità attraverso la franchezza, con se stessi attraverso il pericolo, con gli altri attraverso la critica e con la legge morale attraverso la libertà e il dovere.

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15 Marzo, 2014

Marc Augé, L’utopia nera dell’oligarchia planetaria

by gabriella
Marc Augé

Marc Augé

La crisi dell’educazione e l’utopia nera di un mondo per pochi in questa riflessione di Marc Augé pubblicata da Micromega.

Si potrebbe ipotizzare che il rifiuto di pensare come un tutt’uno il problema dell’economia e quello dell’educazione sia la causa profonda dei nostri fallimenti in entrambi i campi. Dissociarli significa infatti cedere alla grande tentazione postmoderna: rifiutare di porsi la questione delle finalità.

Nelle situazioni di povertà che viviamo oggi è inevitabile che la priorità venga data agli obiettivi a breve termine e ai modi di raggiungerli (aiuti d’emergenza, piani sociali, formazione professionale permanente). Ma nel contempo si passa sotto silenzio la questione del sapere in vista di cosa si lavora o si studia.

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2 Gennaio, 2014

Ruth Benedict, L’educazione dei bambini in Giappone

by gabriella

Tratto da Il crisantemo e la spada, 1946.

Anche l’educatore occidentale più premuroso non riuscirebbe ad immaginare quali siano le cure che i Giapponesi riservano di loro bambini.

In America i genitori, pur preparando i loro piccoli ad un tipo di vita molto più sciolto e molto meno stoico di quel­lo giapponese, tuttavia, fin dall’inizio, non esitano a dimostrare al bambino che i suoi piccoli desideri non sono affatto legge a questo mondo. Noi siamo abituati ad imporre al bimbo un certo regime relativamente alla nutrizione e alle ore di riposo, e, anche se il piccolo protesta e fa i capricci, lo obblighiamo ugualmente ad aspettare il momento prestabilito per il cibo e per il sonno.

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24 Agosto, 2013

Alberto Bagnai, La scienza contro l’opinione e l’informazione

by gabriella

BagnaiEra parecchio che non leggevo una dimostrazione platonica così frizzante e convincente. L’occasione è la garbata lettera di un  giovane universitario che chiede al professore di indicargli della letteratura di indirizzo opposto a quello da lui difeso, nonché l’opinione su un tema già affrontato.

Bagnai coglie l’occasione per demolire con la consueta divertita irruenza le tesi comuni sulla liceità di ogni opinione (cioè dell’errore e della menzogna) senza cadere nell’aristocratica condiscendenza verso il giovane o l’ignorante: che il giovane si faccia saggio e l’ignorante studi è infatti necessario in democrazia.

Ho evidenziato in rosso i passaggi cruciali, in verde i miei commenti.

Una domanda lecita (?)

Ricevo da un lettore questa lettera, che commento brevemente e offro alla vostra discussione:

Professor Bagnai buonasera.

Le faccio innanzitutto i complimenti per il lavoro di divulgazione che sta svolgendo e che già ha svolto nel corso di questi mesi con indefessa passione ed efficacia comunicativa insolita tra gli economisti. Come me ha avvicinato molta gente alla materia economica e ha reso palese, con dovizia di argomentazioni, quanto il modello economico adottato da un Paese (o gruppo di Paesi) possa influire sulle scelte politiche e sugli ordinamenti dei singoli Stati (o esattamente il contrario). Sono un laureando in Farmacia e grazie agli strumenti da lei forniti ho potuto avere un approccio “soft” ed entrare umilmente in meccanismi che, diversamente, mi sarebbero rimasti per sempre oscuri.

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4 Giugno, 2013

Miyamoto Musashi, Go Rin no Sho. Yagyu Munenori, Libro della tradizione familiare dell’arte della guerra

by gabriella

Miyamoto MusashiColoro che sono ignoranti non mostrano il proprio genio perché pare che non ne abbiano affatto. Allo stesso modo l’intelligenza altamente sviluppata non appare perché viene celata. E’ solo la pseudo-erudizione che si manifesta apertamente.

Yagyu Munenori

 

Miyamoto Musashi (1584-1645). Dal Go Rin no Sho

Alcuni a tutt’oggi si mantengono con l’arte della spada (kendo) tuttavia si limitano a insegnare le “tecniche” della scherma. Recentemente i monaci shintoisti ispirati dagli dei hanno fondato le loro scuole di scherma e girano per il paese insegnando l’arte.

Da sempre si considera l’arte del vantaggio come una delle arti tradizionali, ma quando parliamo di essa non dovremmo limitarci alla sola tecnica della spada.

Se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che tante arti sono venali. Persino gli uomini si vendono; inventano marchingegni per trafficare meglio invece di di mettere a disposizione la propria competenza. E’ un po’ come separare il seme dal fiore e attribuire maggior valore al fiore. Questo comportamento li spinge a vantarsi delle proprie capacità per sbalordire il prossimo. Avendo una generica familiarità con le tecniche di scherma insegnate nelle diverse scuole, cercano il loro tornaconto insegnando o apprendendo solo queste. Purtroppo la conoscenza superficiale della materia è spesso più nociva dell’ignoranza assoluta.

Mi piace paragonare l’arte della guerra all’attività dell’artigiano e più esattamente a quella del carpentiere, che costruisce le case. L’ideogramma del carpentiere significa “grande abilità” e lo stesso vale per i principi dell’arte della guerra. Se volete apprendere l’arte della guerra leggete questo mio libro e meditate.

Il maestro è l’ago il discepolo il filo. Per conoscere a fondo è necessario esercitarsi con grande abilità.

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19 Maggio, 2013

Marco Dotti, Testa ben piena o ben fatta? Il terzo istruito di Michel Serres

by gabriella

Serres

L’agile ricognizione del pensiero educativo di Michel Serres tratteggiata da Marco Dotti in occasione della traduzione italiana di Non è un mondo per vecchi per Bollati Boringhieri.

Nel ventiseiesimo capitolo del primo libro dei Saggi, Michel de Montaigne scriveva:

«Non c’è ragazzo delle classi medie che non possa dirsi più sapiente di me, che non so nemmeno quanto basta a interrogarlo sulla sua prima lezione».Montaigne

Che cosa accadrebbe, si chiedeva Montaigne, se a quella lezione si fosse in qualche modo costretti? Non ci si troverebbe – «assai scioccamente», puntualizzava – vincolati a una costrizione ancora più grande? Non saremmo costretti a servirci di «qualche argomento di discorso più generale, in base al quale esaminare l’ingegno naturale dei ragazzi: lezione sconosciuta tanto a loro quanto a me»?

Il saggio che Montaigne pone al centro della sua idea di educazione è ricordato soprattutto per un’altra affermazione, che ha assunto il ruolo di massima e come ogni massima ha subito il non sempre fausto destino di essere più citata, che compresa. Montaigne affermava, infatti, che è meglio una testa ben fatta, che una testa ben piena.

Parlando di «tête bien faite» e contrapponendola alla «tête bien pleine» intendeva riferirsi prima di tutti al precettore, all’insegnante e, per estensione, anche al ragazzo che dovrebbe essere assecondato nel desiderio. Altrimenti, scrive, concludendo la propria dissertazione, «non si fanno che asini carichi di libri». Ma che cos’è un «asino carico di libri»?

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